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Cessata attività

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Tempo di lettura: 2’. Leggibilità ***.

Questa foto non ha nulla di artistico. Ne’ come soggetto, ne’ come prospettiva fotografica. Però mi è venuto spontaneo farla. Ieri ero passato davanti a questo negozio di frutta e verdura, storico riferimento del quartiere di una Venezia meno massacrata di turisti. Era normalmente aperto, come ogni giorno. Le cassette della frutta e degli ortaggi ordinatamente e ordinariamente esposte, con la solita cura e gentilezza del negoziante. Nulla che facesse presagire il malinconico e ineluttabile messaggio di oggi. Eppure nella mente del commerciante qualcosa di drammatico maturava. Magari era fortemente combattuto nel prendere la decisione. Magari non voleva arrendersi, fino all’ultimo.

Ho guardato con più attenzione i due cartelli, uno messo a coprire l’insegna, l’altro appeso alla bell’e meglio sotto il tendone verde, che riparava le merci dal sole. Mi sono parsi due pezzi di cartone rimediati dalle confezioni, scritti con mano che tradiva la fretta. Quella di non tornare sulla decisione, presa alla fine, quando a sera stava per serrare l’inferriata con il lucchetto lucido, quasi nuovo, per ricominciare l’indomani. No, non si poteva andare avanti. Chiudo per cessata attività. Chiudo per cessata attività. Due volte, per ribadire! Senza ragioni, senza spiegazioni. Lapidariamente! Perentoriamente! Capiranno i miei clienti, da soli. Dopotutto non c’è nemmeno molto da capire.

Allora mi è tornata alla mente una delle opere più importanti del grande Giacomo Balla, intitolata Fallimento. Anche qui una porta chiusa. Da più tempo, con i segni del tempo, perché certi eventi non sono reversibili. I segni della disfatta non sono più freschi, si accumulano e si cristallizzano.

Il suo allievo Gino Severini così descriveva l’opera: “Fece una volta un quadro intitolato Fallimento, era la parte inferiore della porta di una bottega chiusa per fallimento. Quelle imposte non più aperte, abbandonate, sporche, coperte di pupazzi e di geroglifici fatti col gesso dai ragazzi, suggerivano certo l’abbandono e la tristezza. In un angolo dello scalino di pietra c’era uno sputo magnificamente reso”.

La drammaticità dei fatti è nei dettagli. Oggi temiamo che di dettagli del genere possa essere fatto il nostro più immediato futuro. Dietro i dettagli, chissà quante storie comuni e non fa molta differenza se trattasi di fallimenti individuali o collettivi.

 

 

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