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Coronavirus ed Economia italiana

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Nighthawks di Edward Hopper (1942)
IL QUADRO MACROECONOMICO ITALIANO E INTERNAZIONALE
In Italia l’attività economica è in una fase di ristagno dai primi mesi del 2018, anche a seguito del rallentamento fatto segnare dagli altri paesi in Europa e nel Mondo.
Nell’ultima parte dell’anno si è avuto un calo della produzione industriale del 4 per cento e una riduzione del PIL dello 0,3 per cento che rende difficile il raggiungimento dell’obiettivo di crescita pari allo 0,6 per cento del PIL per l’intero 2020, come stabilito dal Governo.

Il quadro congiunturale che emerge da questi dati ha di fronte un ulteriore peggioramento per gli effetti del Coronavirus. In base alle fonti disponibili dovrebbero avere un impatto riduttivo tra lo 0,2 e lo 0,7 per cento del PIL per il 2020. Questi dati possono essere abbastanza certi a condizione che l’emergenza duri poco, cioè non più di uno, due mesi. Altri centri di ricerca stimano cali più accentuati.

Una caratteristica delle conseguenze negative è che non saranno uguali per tutte le aree geografiche e per tutti i settori di attività. L’impatto sarà più forte per Lombardia e Veneto dove origina un terzo del PIL italiano e per i settori del turismo, del tempo libero, della moda e del trasporto aereo e ferroviario. In controtendenza, dovrebbe andare il settore farmaceutico e dello  smart working.

L’allarme sugli impatti economici del Coronavirus è stato lanciato dal FMI durante il G20 finanziario di Riad, a fine febbraio. Il direttore del Fondo, Kristalina Georgieva, ha annunciato che l’Istituto ha ridotto dello 0,1% le stime di crescita mondiale e dello 0,4% quelle della Cina, stimandole rispettivamente al 3,2% ed al 5,6%.

L’Istituto assume questo come nuovo scenario di “base” – ha spiegato la Georgieva – ma si ritiene che la situazione possa ulteriormente peggiorare, nel caso in cui il virus durasse più a lungo, e si stanno valutando anche scenari peggiori. “Le incertezze – ha avvisato – sono troppo grandi per consentire previsioni affidabili. Possono verificarsi molti scenari, a seconda della rapidità di contenimento del virus e della rapidità con cui l’economia cinese e le altre economie interessate torneranno alla normalità”.

COSA STA FACENDO LA POLITICA

Queste stime hanno un alto grado di congettura, tuttavia fanno comprendere in modo chiaro e realistico l’entità del danno che l’Italia sta subendo.

La Bce preferisce per il momento “stare a guardare”, impegnandosi a fare tutto il possibile. La  Bce così come la Fed, tuttavia, non può fare molto. Per arginare i rischi di una recessione globale servirebbe di rivitalizzare l’offerta e non la domanda. I tassi di interesse sono già negativi in molti paesi, il che riduce ulteriormente i margini di intervento delle banche centrali.

Anzi, il Fondo Monetario ha detto che la politica dei tassi bassi negli ultimi anni ha incentivato le imprese a indebitarsi a basso costo. Un brusco calo dei fatturati legati all’epidemia ora rischia di creare fallimenti a catena.

Quindi le risposte, le conseguenze e le inevitabili contraddizioni delle stesse saranno eminentemente nazionali. Il faro si accende, come spesso accade, su chi ci governa e sulla nostra non elevata capacità di fare sistema, nei fatti e non a parole.

Le misure a favore di imprese e famiglie prese dal nostro Governo hanno, a mio parere, due limiti, su cui ci soffermiamo poco. Forse è proprio il carattere contingente ed urgente che rende a volte superficiale il modo di comportarsi delle nostre Autorità. Sarà anche la fretta, ma è pur necessario da parte dei cittadini capire le indicazioni da seguire.

Il primo limite è legato ai tanti decreti, leggi e ministeriali, che si succedono in queste ore ai quali si affiancano i provvedimenti delle regioni maggiormente colpite. La scarsa trasparenza delle scelte e la inevitabile sovrapposizione e contraddizione delle regole sanitarie non aiutano i cittadini e tendono a far aumentare le preoccupazioni con comportamenti individuali che enfatizzano i danni già consistenti per il sistema economico.

Il secondo limite, di cui si discute febbrilmente in queste ore, è la possibilità di fare deficit aggiuntivo nell’ordine di 6/7 miliardi di euro se ci verrà consentito dalla Commissione Europea. Proprio per varare gli aiuti e gli stimoli all’economia e alle famiglie. Tuttavia, si tratta pur sempre di altro debito pubblico che andrà ad aumentare il peso enorme che esso ha sulla nostra economia, schiacciandola verso il basso. La lettera del Ministro del Tesoro in data 5 marzo a Bruxelles non lascia dubbi sul reperimento delle risorse: deficit e sempre deficit.

Questi due limiti non dipendono ovviamente dall’epidemia in corso ma da noi, e soprattutto dalla capacità di risposta della politica italiana che, a  mio giudizio, ha troppi centri decisionali oggettivamente difficili da coordinare. Se tali centri in condizioni di ordinarietà paiono giustificati, non lo sono assolutamente di fronte ad emergenze sanitarie o di altro tipo.

Non sarebbe quindi male che, oltre la dose giornaliera di informazioni sulla diffusione del virus, la politica riuscisse ad elaborare un progetto di rinascita del paese su pochi punti, in particolare quelli da rivedere dopo l’esperienza di questi giorni.

Mi riferisco al Servizio Sanitario Nazionale, la cui struttura territoriale va ripensata radicalmente perché troppo frammentata e con relativamente poco personale.

Il Rapporto CERGAS della Bocconi evidenzia in modo netto le difficoltà in cui si dibatte il nostro SSN per i tagli di risorse effettuati negli ultimi anni. La spesa sanitaria pro capite è tra le più basse dei paesi avanzati, come risulta dal grafico.

Rapporto CERGAS Bocconi (2019)

L’altro riferimento va all’utilizzo delle nuove tecnologie per poter lavorare dal proprio domicilio, evitando di congestionare all’inverosimile aree urbane e luoghi di lavoro, pubblici e privati con benefici evidenti per la nostra vita quotidiana. Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano le posizioni di lavoro agile (Smart working) sono oltre 500.00 a fine 2019, soprattutto nel privato, una quota ancora bassa, ma non trascurabile. I recenti provvedimenti del governo sul Coronavirus agevolano il ricorso a tale forma di lavoro semplificando le procedure per un periodo che va oltre l’emergenza, fino a sei mesi. Questo orientamento fa ben sperare per il futuro.

E’ tempo di virus ma è anche tempo di votazioni amministrative. In Campania, in Toscana, a Venezia si terranno in primavera. Chissà che i tanti protagonisti della campagna elettorale saranno in grado non di rispondere a queste domande, ma di avviare, perlomeno, un dibattito minimalista sulle cose da fare per il futuro. O invece vorranno che, passata la nottata, torni tutto come prima!

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