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Dalla Cina con amore

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In un articolo pubblicato in questi giorni nel suo blog, che consiglio di leggere, la Prof.ssa Emanuela Pulvirenti chiude dicendo che “bisogna imparare a vedere prima di fotografare, ma fotografare può diventare un modo per imparare a vedere“.

Oltre che condividerla, questa considerazione sembra volta a incoraggiare chiunque voglia avvicinarsi in modo creativo o da semplice osservatore alle possibili narrazioni realizzabili attraverso la fotografia.

Proprio in questi giorni ho avuto l’opportunità di vedere una bellissima sequenza di centoventuno foto in bianco e nero, realizzate nel tempo da diversi affermati fotografi, in tanti luoghi del mondo.

Nei diciotto minuti della sua durata, scorrono immagini di comuni scene di vita, che trasmettono un ideale e solidale abbraccio tra gli abitanti del nostro Pianeta.

Alla fine si rimane come estasiati e in coloro che, in qualche modo, praticano la materia sorge spontanea la convinzione che non c’è più nulla da realizzare perché ormai tutto è già stato detto.

In verità non è così e il filmato ne costituisce di per sé dimostrazione.

I diversi fotografi partono spesso da spunti differenti per raccontare le proprie visioni, talvolta catturando l’attimo fuggente, altre volte dosando e rimodulando con sapienza le conoscenze acquisite attraverso studi o, talvolta, semplicemente seguendo un istinto intimo che induce a vedere/immaginare/interpretare le cose in una certa maniera.

Si è già detto tante volte – e non si finisce mai di ripetere – che la fotografia è una delle diverse forme artistiche che, per la sua malleabilità, consente di raccontare, creare, interpretare, elaborare tracce nuove, anche seguendo percorsi segnati in precedenza da altri artisti, creativi o visionari, fate voi.

Io riprendo lo spunto per proporre, in questo drammatico momento per il Paese più popolato della Terra, le mie foto di un viaggio in Cina fatto nel 1991 (se si vuole, uno slide accessibile attraverso il link: https://vimeo.com/388209424 ne raccoglie altre ancora).

Consideratelo il mio come un minimo contributo di solidarietà. Non ho pretese artistiche, ma mi appartengono le ambizioni di appassionato cultore di questa arte.

Mi auguro infine che coloro che le vedranno siano colpiti dal senso di calda umanità delle figure e delle situazioni, cogliendo il coinvolgimento emotivo che mi ha catturato mentre le riordinavo.

Vorrei scoprire che, tornando sul posto, alcune immagini sono ancora valide per raccontare qualcosa di un luogo, in un contesto che in meno di una generazione ha incontrato tanti profondi cambiamenti.

In seconda battuta coltivo la speranza che le foto costituiscano comunque il valore di documento.

Buona luce a tutti!

 

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