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Tempo addietro, seduti al solito bar, per il solito caffè addolcito con zucchero di canna per lui, amaro per me, l’amico Nino mi porse la classica domanda: “ma secondo te, c’è nulla di veramente originale nelle idee umane dei nostri giorni?”
Ne discutemmo a lungo, per poi alla fine convenire che nella quasi totalità dei casi c’era già stato qualcuno che quella cosa l’aveva già pensata prima, almeno nei fondamentali. Magari non in tutte le varianti.
Spesso esistono prove e studi di autori/pensatori che ci hanno preceduto, rimasti dimenticati o poco valorizzati dalla storia, nella confusione del mondo che macina tutto con la sua ruota incessante. Sono anche questi i personaggi nei quali talvolta ci imbattiamo casualmente nelle nostre letture.
L’invenzione della scrittura, quindi, li testimonia senza ombra di dubbio, come pure i racconti tramandati o quelle tradizioni attive che li comprovano, portandoci alle vere origini di tante ispirazioni/intuizioni, spesso oggi millantate per nuove. C’era quindi già stato qualcuno che lo aveva immaginato o detto!
Se fosse stato tutto quanto scritto forse molte altre idee non sarebbero state disperse, ma in ogni caso le rielaborazioni nel tempo e nello spazio di tante immaginazioni costituiscono sempre un arricchimento, dei passi avanti, perché le idee necessitano di continue verifiche e esperimenti.
Se pensiamo alla ruota, quell’invenzione primordiale è stata straordinaria, ma altrettanto nobile e meritevole di elogio sono state le sue applicazioni e le evoluzioni successive, a partire dalla carriola e poi il carro, la bicicletta, l’automobile. Tutto è nato dall’invenzione della pietra circolare, il resto è stato la naturale evoluzione immaginata dalla mente umana e ogni stadio e livello ha avuto una nobile funzione, a prescindere della cultura vigente in ogni tempo.
Chissà perché ma da taluni le idee, se son loro ad averle, vengono congelate e assunte come esclusive e guai se altri s’ispirano a quel canovaccio e, nel caso, se sviluppano ulteriormente quell’originaria intenzione.
Il marchio d’esclusiva, per loro, sembrerebbe valere a prescindere dai contenuti, dal tema che si è chiamati a svolgere, dalle parole da usare, dalla specifica natura del racconto.
E’ come dire, tu non puoi fare un film che dura 54 minuti, perché di questa durata di tempo l’ho pensata già io e se fai un cortometraggio di 24 minuti, mi stai copiando l’idea. Ovvero, forzando il concetto, è un voler mantenere l’esclusiva delle parole, come se non fossero dei termini di uso comune, necessari per una composizione, per lo svolgimento di un discorso o di qualunque altra forma di comunicazione.
Il termine “albero” è mio e guai a chi me lo tocca! “Incantevole” l’ho inventato io e nessun altro lo può scrivere o pronunciare senza che io lo autorizzi.
Roba da non credere. Ma lasciamo che tutti i sapiens creativi possano agire da protagonisti.
Direi pure che se qualcuno mette a disposizione una chitarra a me che non so suonare, l’azione non potrà generare tentazioni o ispirazioni di copiature o plagio; magari un altro che conosce la musica potrà creare una nuova melodia.
Nel caso, acclarata l’originalità del nuovo brano, pur fatto utilizzando sempre le solite sette note, nessuno andrà a sostenere che si sarà trattato di plagio. Ma, a dire il vero, ripensandoci, il mondo degli artisti è veramente strano e imprevedibile e le copiature sono sempre dietro l’angolo a “indurre in tentazione”.