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Anche gli artisti menano

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Tempo di lettura: 3’. Leggibilità **.

Il caldo e l’ispirazione.

Era sera e al concerto di Keith Jarrett al Teatro di Verdura, per l’anniversario della scomparsa di Italo Calvino, ero presente. Jarrett arrivò in ritardo. La platea, composta in gran parte dalle solite figurine incartapecorite sbuffava per la calda serata. Solo il pianoforte era presente sulla scena spoglia. Non era ancora entrata l’estate piena a Palermo il 23 giugno del 1988.

Un applauso svogliato accolse Jarrett, già nell’andatura nervoso, sicuramente per qualcosa che non era andata liscia con l’organizzazione del teatro o del Comune che curava l’evento.

Io ero in compagnia della mia fidanzata, Cecilia Jane Ingrid Alqvist, svedese, e della sua migliore amica la signorina Petra Helborg, cugina stretta del più noto Jonas Helborg, bassista di Miles Davis che aveva già visitato la nostra città in occasione del concerto allo Stadio di Palermo. Era lui che in Svezia avevo torturato per averla, per più di dieci anni ad un prezzo stracciato, quella chitarra che aveva modificato e che poi fu la mia mezza jazz e lo è tutt’ora.

Dunque, Jarrett, secondo programma, avrebbe dovuto eseguire qualcosa di estemporaneo che però non veniva fuori tanto estemporaneamente. Si attese una ventina di minuti, prima che pigiasse un tasto del pianoforte per generare poi una nota ogni tre o quattro minuti di silenzio.

Tra il caldo appiccicoso e umido, la camicia con le maniche arrotolate che misi per l’occasione e che mi stringeva il collo e le spalle, soffrivo da morire, come tante  volenterose persone intervenute ad assistere alla esibizione dell’estroso maestro.

Solo le signore, più habitué al teatro all’aperto e all’inizio dello scirocco, s’erano attrezzate con dei ventagli.

Jarrett, iniziò anche con qualche nota delle Variazioni Goldberg che si interruppe alla terza o quarta battuta. Poi mugugnava qualcosa e attendeva in estasi l’arrivo dell’illuminazione che però non arrivava.

Riprendeva, strimpellava un paio di note poi di nuovo silenzio e attesa. L’ispirazione stentava a mostrarsi.

Il fischio 

Dopo tutto quel tempo, qualcuno, tra il pubblico, seduto più avanti nei posti, fischiò alla pecoraia e quel suono irruppe nel prolungato silenzio.

Jarrett ne fu molto scosso e, gettando uno sguardo contro le luci, disse al microfono dal suo sedile: Never more!

Il silenzio riprese il sopravvento, così come l’attesa del momento creativo, che però non arrivava. Il fischiatore, dopo un buon quarto d’ora, si fece ancora sentire e stavolta con un fischio più forte e prolungato.

Keith Jarrett questa volta però non si scompose come prima. Uscì come dall’incantesimo e iniziò lo spettacolo con un avvio imprevisto.

Si alzò in piedi, chiuse delicatamente il piano sulla tastiera, si sollevò i pantaloni bianchi sui fianchi e andando contro i riflettori trovò la scaletta per scendere tra il pubblico.

Lì sotto, si rivelarono le dimensioni minute del pianista, che iniziava a cercare fra la gente e con gli occhi veloci, tra le signore ingioiellate per l’occasione, il fischiatore insolente.

Ceffoni e ventagli

Si accesero le luci sull’anfiteatro in legno e si vide Jarrett dirigersi verso un giovane dai capelli lunghi e mollargli un ceffone così sonoro che le signore di una certa età e più vicine alla scena, indignate ed impaurite, riposti i ventagli, iniziarono ad alzarsi per dirigersi verso i corridoi, emettendo ridicoli gridolini.

Il giovanotto insolente intanto si alzò in piedi. Era alto due volte rispetto a Jarrett e gli allungò una manata talmente energica sulla faccia da farlo cadere a terra.

L’ordine costituito

Due carabinieri presenti per assicurare l’ordine pubblico stavano intanto tornando in tutta fretta dal bar all’interno del parco, dove si erano recati per un bicchiere d’acqua necessaria a tamponare l’afa.

La coppia, appesantita dall’età e dalla divisa, si teneva la bandoliera vicina al corpo con una mano e con l’altra reggevano la pistola nella fondina che oscillava ad ogni passo, scendendo le scale.

Spettacolo nello spettacolo 

Non fecero in tempo a fermare i due che se le diedero di ragione tra le sedie pieghevoli che cadevano giù dall’impalcatura. Il concerto non ebbe luogo, ma non volli indietro i soldi del biglietto.

Anche perché lo spettacolo offerto, anche se difforme dalle iniziali aspettative, m’era piaciuto lo stesso. E poi, in fondo, conservavo già nella mia raccolta musicale copia dell’intramontabile e mitico concerto di Jarrett registrato dal vivo nel 1975 “The Köln Concert”.

Ulteriori notizie di quanto narrato sono accessibili attraverso articoli conservati negli archivi dei giornali, come ad esempio quello di Maurilio Prestia che racconta di quell’accadeimento https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/03/30/keith-jarrett-fuga-dal-verdura-dopo-un.html

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