Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera di Antenore Della Pietà dipendente bancario di una Bcc campana che pone ulteriori riflessioni sulla nota vicenda Carige.
Caro Gesualdo,
ho letto le tue interessanti osservazioni sull’assemblea Carige di ieri e più in generale sulle preoccupazioni che manifesti come azionista e dipendente. Io sono socio e dipendente di una BCC del Sud che ha deciso di far parte del Gruppo Cooperativo Cassa Centrale Banca di Trento, il quale interviene a salvare la tua Carige e mi sento di aggiungere altre considerazioni a quelle che hai già espresso. E non sono per niente rassicuranti.
Da un punto di vista generale, io e altri colleghi non abbiamo mai inteso il senso della partecipazione delle BCC all’operazione di salvataggio di Carige. Come diceva un celebre politico del Sud: Che c’azzecca?
Battute a parte, non è comprensibile perché una parte importante del credito cooperativo debba rafforzare i mezzi patrimoniali di una banca pressoché fallita, quando anche noi, come piccole banche, abbiamo i nostri problemi da affrontare.
Spostare i soldi da una parte all’altra peggiora solo la situazione per entrambe. Considera che se l’aumento di capitale di Carige va in un certo modo, in media ciascuna delle 80 BCC aderenti al Gruppo Cassa di Trento dovrà sborsare 5/6 milioni di euro per ripatrimonializzare l’antica banca genovese.
Inoltre, la storia insegna che mezzi patrimoniali freschi portano utilità in condizioni di normale vitalità. Quando servono a tappare i buchi di scellerate gestioni aziendali non sono mai abbastanza. Ne abbiamo ripetute esperienze. Ed allora come già capitato con MPS, le due popolari venete e le altre banche dell’Italia centrale fallite nel 2016 i soldi immessi durano pochissimo, per i comportamenti opportunistici di chi deve restituire finanziamenti e non lo fa. Che cosa gli può succedere se la banca è in condizioni di stress? Provasse a recuperarli, se ci riesce.
È difficile fare il punto esatto in queste situazioni, qualche magagna non prevista esce sempre. I crediti malati sono sempre in movimento.
L’altro punto che sollevi sul piano industriale mi toglie il sonno. Va a toccare i nostri destini, le pur legittime aspettative per il futuro che abbiamo immaginato in tanti anni di lavoro in banca. Le cifre che circolano su Carige sono impressionanti: oltre ai crediti deteriorati, si è parlato di massicci ritiri dei depositi per timore della liquidazione e costi operativi elevatissimi. Tutto questo come entità separata, stand alone, come si dice. Ma quando entrerà nel nostro piccolo mondo antico, quale sarà l’impatto sulla nostra rete sportelli e sui nostri livelli occupazionali?
Noi saremo chiamati a pagare per le nostre sciocchezze e anche per quelle degli altri? Vivo e lavoro al Sud e davvero noi non siamo in condizione di aiutare nessuno. Da queste parti molte BCC, e forse non solo qui, riescono a chiudere l’esercizio con poche decine di migliaia di euro di utile, figuriamoci se possiamo salvare altri. Ci dicono anche che il governo vuole fare una Banca per il Sud. Intanto mandano noi del Sud a salvare una banca del Nord. Ci capisci qualcosa caro amico e ora consocio di Carige?
Chissà quando conosceremo il piano industriale somma di quello della nostra e della vostra banca? Ci abbracceremo come Amore e Psiche o come Laocoonte nel suo mortale groviglio? Scusami, ma noi della Magna Grecia abbiamo sempre la testa ai miti. E il senso del dramma non ci manca. Anch’io speriamo che me la cavo.
Con la mia più sincera solidarietà.