Home Mediterraneo Dacci oggi il nostro governo quotidiano

Dacci oggi il nostro governo quotidiano

1449
1
  • Tempo di lettura: 4’. Leggibilità ***.

Un sito ufficiale del Governo racconta la storia e soprattutto le statistiche dei governi che si sono succeduti dal dopoguerra in poi. Limitiamoci agli ultimi 10 anni per verificare quanti personaggi politici sono stati coinvolti nell’azione di governo.

Un governo in media dura poco più di un anno, qualsiasi colore esso abbia. Sono 7 quelli che si sono succeduti nel periodo. Di tutte le combinazioni possibili. Tre di centro sinistra, uno di centro destra, un governo tecnico, uno di contratto. Ora uno di sinistra, ma di programma, se riusciranno a farlo.

Tra incarichi ministeriali con portafoglio e senza sono circa 20 persone in media a formare il Consiglio dei Ministri. A questi aggiungiamo, con un pò di approssimazione, un centinaio di sottosegretari e viceministri per ciascuna compagine. Si arriva all’iperbolica cifra di 1.200 personaggi che sono arrivati a palazzo Chigi e dintorni per durare pochi mesi e poi ritirarsi in attesa dei successivi incarichi. Se il governo italiano fosse una azienda, pubblica o privata non importa, andrebbe in rovina in poco tempo sotto il peso di tanta gente al comando. La nave affonderebbe anche con il mare calmo.

Un esercito che un giorno fa e l’altro disfa, con la burocrazia ministeriale soggetta ad un vorticoso spoil system.  Leggi, decreti, regolamenti, con ritardi sistematici nell’attuazione.

E la “narrazione” e’ che non contano gli uomini, ma i programmi. Infatti, questi elenchi  di cose da fare sono redatti con attenzione maniacale e sono presentati all’inizio dell’avventura. La lunghezza è indice di una volontà di potenza che lascia sbalorditi gli incauti lettori. Si passa dalle 60 pagine del contratto di governo dell’algoritmo giallo-verde alle 300 del secondo governo Prodi (2006-2008) che non portò comunque a compimento la legislatura causa un proditorio fuoco amico. Oggi siamo, per ora, a 20 inderogabili punti programmatici.

Nonostante la mole di questi documenti, si continua serenamente a sostenere che gli uomini e le poltrone non contano. Oltre il danno, la beffa. Tuttavia, siamo in democrazia e tutto questo ci pare sicuramente legittimo.

E con navigato cinismo ci si dice anche: È la politica, bellezza! E, subito dopo, la Costituzione è salva! E rimane la più bella del mondo. Perché ci piace anche immaginare di essere al centro di tutto, quando non lo siamo. È una piccola vanità. Ma nessuno è perfetto, dopotutto.

Gli italiani dovrebbero interrogarsi su qualcosa di diverso. E’ utile e funzionale tutto questo? Quanti programmi di governo sono stati varati? Quante dichiarazioni di intenti sono state sottoscritte? Molti di questi personaggi neanche li ricordiamo, per nostra fortuna.

I nostri problemi vengono da lontano. Pochi giorni fa abbiamo rievocato la figura di Tommaso Padoa-Schioppa per richiamare la sua visione di un paese con enormi potenzialità, ma con questioni strutturali irrisolte da decenni. Con governi che durano lo spazio di un mattino, è difficile risolverle. Ci pensano altri, ovviamente a tenerci in riga con lo spread e le manovre di bilancio.

Che pensa il cittadino di questo andazzo? E che tipo di qualità ha la nostra politica, fatta di uomini e donne litigiosi, ma sostanzialmente incapaci? Lo show mediatico di questi giorni ci ha ricordato il filosofo Karl Popper e il suo pamphlet “TV cattiva maestra”. Il paese tutto, tenuto in trepida attesa, con una telecamera puntata davanti alla porta chiusa delle consultazioni e la stampa in rutilante sfoggio di interpretazioni e vaticini.

Come dovremmo giudicarli i politici? Queste domande pongono una questione di fondo e cioè se la nostra democrazia sia una democrazia compiuta o sia utile in massima parte per assicurare un posto a tanti personaggi che non saprebbero cosa fare. È il leit motiv di chi è stato momentaneamente sconfitto. Torneranno tempi migliori anche per lui. Non si angusti troppo.

Il passo verso la sfiducia e il qualunquismo è breve. La misura è l’astensionismo.

Abbiamo cronicizzato i nostri mali, certi che non ne guariremo, perché, in fin dei conti, consentono a tutti di sopravvivere. Un pò di autocritica dovremmo pur farla, ma siamo anche sicuri che in fondo a molti piace così, per non risolvere le difficoltà di tanti che sono nel contempo i vantaggi di altri, corruzione ed evasione fiscale in testa.

Ogni volta sarà la volta buona per debellarli definitivamente.  Ci hanno insegnato da piccoli che gli atti di fede appartengono al sentire religioso. Noi siamo stati talmente bravi che li abbiamo incorporati nella politica.

Tra poco qualcuno dirà che siamo il laboratorio politico dell’umanità, in grado di produrre senza sosta formule di governo legittime, originali e salvifiche. Ce le copieranno!

Davvero un primato, a condizione che i numeri del nostro benessere non stiano, ostinatamente, a smentire le migliori intenzioni. Dovremmo chiedere loro di smettere di rovinarci la festa.

Ma forse le parole di Conte (Paolo, il grande cantautore, che cosa avete capito?) che chiedono di lasciarci “ai nostri temporali” e “ai nostri giorni tutti uguali” sono amaramente le più appropriate di tutte.

Previous articlePer un capitalismo migliore
Next articleIl maestro Manzi e le lingue della vigilanza bancaria

1 COMMENT

  1. In un articolo articolo relativamente recente (2016) Giuseppe Turani affronta l’argomento più in generale. Il Turani scrive, infatti, che in Italia sono più di 1,5 milioni i soggetti che in qualche modo gravitano attorno alla politica, con tutti gli annessi e connessi relativi alla materia (https://www.blitzquotidiano.it/opinioni/in-italia-sono-15-mln-quelli-che-vivono-di-politica-ecco-dove-sta-la-corruzione-2522771/). Pertanto la questione è sistemica e profondamente innervata nell’intero tessuto sociale del paese.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here