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People, Power and Profits. L’economia progressiva di Stiglitz

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Tempo di lettura: 3’. Leggibilità ***.

People, Power and Profits è l’ultimo libro del Premio Nobel per l’Economia Joseph E.Stiglitz. Sono circa 240 pagine edite nel 2019 da Penguins Books. Il senso di questo pamphlet è nel sottotitolo: Progressive Capitalism For An Age of Discontent.

Un pò come il progressive rock che negli anni ‘70 elaborò una sorprendente evoluzione del rock verso una musica più articolata con contaminazioni con la musica classica e la musica etnica. Ricordiamo i Genesis, Emerson, Lake e Palmer, la PFM, il Banco del Mutuo Soccorso solo per citare alcuni celebri esempi.

I mali di oggi si riassumono in molti Paesi in poche parole: bassa crescita, ineguaglianze, stagnazione dei redditi. Provengono da lontano, da quasi mezzo secolo fa con l’avvento della Reaganeconomics. Da allora queste tendenze sono state seguite sia dalla destra del laissez faire che dai neoliberisti democratici. Il punto di congiunzione è l’idea di creare ricchezza sfruttando il mercato.

Le grandi imprese usano il proprio potere di controllo per ridurre la concorrenza, favorite dalla revisione delle regole del capitalismo, oggi molto più propense a riconoscere intrinseca efficienza e competitività a molti mercati dominati da pochi soggetti. Il gigantismo economico è giustificato dall’allargamento dei confini del mercato dovuti agli anni della globalizzazione. Il mantra è: la concorrenza è per i perdenti.

Capitalismo progressivo

Il quinto capitolo è un giudizio impietoso sui banchieri e finanzieri che hanno causato la crisi del 2008. Costoro non hanno pagato per le loro colpe e, grazie alle accondiscendenti riforme di Obama, oggi continuano a comportarsi come prima. Analoghi comportamenti si ritrovano nelle grandi corporation che tramite la tecnologia abusano del potere di mercato che hanno costruito nel tempo violando le regole di sicurezza e riservatezza.

La seconda parte del libro è dedicata alla way forward, a come cambiare questo stato di cose, profondamente insoddisfacente per molti cittadini. Ed è qui che la musica di Stiglitz si fa progressive. 

Il compito è improbo. E’ come sognare la democrazia che verrà.  Sono molte e condivisibili le riforme da attuare per creare ricchezza invece che estrarla dalla miniera interminabile delle economie capitalistiche.

Restoring Democracy, attraverso la riscrittura delle regole del capitalismo, che limitino il potere di chi ha molti soldi, scardinando le attuali leggi della giungla.

Restoring  a Dynamic Economy, attraverso una serie di provvedimenti su salario minimo, reddito di inclusione, riduzione delle discriminazioni, e riforma della tassazione.

Tutto qua, ho pensato? Il grande Professore che ha ispirato generazioni di studiosi ed economisti scrive un libro che ricapitola, riassume, prescrive, ma non arriva a toccare in profondità le nostre coscienze. Se le nostre società non funzionano bisogna riformarle. Su questo siamo tutti d’accordo, ma un altro capitalismo è davvero possibile?

Governicchi e riformicchie

A mio avviso, l’interesse nella lettura di questo libro è proprio su come costruire una prospettiva per domani, a livello individuale e collettivo. Le ansie e le paure che dominano le nostre società devono essere viste  in un contesto storico, non come mali assoluti ed ineluttabili. Il futuro può essere plasmato in modo migliore per molti a condizione di fuggire dai tanti populismi.

Non esistono scorciatoie facili per riparare i mali dell’oggi, ma solo progetti complessi portati avanti da leader illuminati. La sfida è stata lanciata da questo simpatico Professore della Columbia University, che ci illumina ancora pensando che l’economia ha senso solo se porta a una visione politica che dia benessere e prosperità a molti e non a pochi. Altrimenti, che senso ha?

Con un occhio ai mali dell’American Dream degli ultimi 40 anni, Stiglitz traccia un manifesto per il capitalismo progressista, per superare le tante diseguaglianze che l’avidità di pochi predatori e l’ignominia di buona parte delle èlite politiche hanno causato.

Se la più importante economia del mondo, allo sguardo attento del premio Nobel, soffre di un malessere così profondo e diffuso, paesi come il nostro quali sfide hanno davanti e quali risorse dovranno mobilitare per farcela? Potremmo continuare a guardarci come se fossimo al centro della storia senza capire quali sono i valori in gioco, procedendo di volta in volta con governicchi e riformicchie?

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