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Gli hippy.
Che la moderna rivoluzione tecnologica — quella dei personal computer, di Internet, dei device intelligenti — sia stata nutrita dal seme della controcultura californiana degli anni 60 è fuori discussione. La cultura degli hippy è percolata nelle menti dei protagonisti di questa rivoluzione e nelle organizzazioni a cui hanno dato vita. L’epicentro di questo terremoto è stato ed è la Silicon Valley, l’area compresa tra San Francisco e San José.
Come sia avvenuto lo spiega molto bene in un libro, From Satori to Silicon Valley, lo storico della cultura Theodore Roszak. È stato proprio Roszak a coniare il termine “controcultura”, stabilendo un legame di discendenza con la rivoluzione del computer degli anni settanta e ottanta.
Il libro sarà presto disponibile anche in italiano.
È stato soprattutto l’ideale comunitario dei figli dei fiori, la loro indole libertaria, la voglia di allargare gli orizzonti e il disprezzo per l’autorità centralizzata a issare saldamente i fondamenti filosofici ed etici di Internet e dell’intera rivoluzione del personal computer. Quest’ultima si è avviata proprio verso il crepuscolo di quell’esperienza. Il mantra che tutt’oggi echeggia nella Valle non è molto diverso da quella di allora. Sono lì per cambiare il mondo. Lo cambieranno con i loro prodotti, perché i loro prodotti allargheranno la mente delle persone e il loro modo di vivere. Non voleva la stessa cosa la controcultura hippy?
I nerd
Se una grande corrente della cybercultura deve molto agli hippy e al loro stile di vita e di pensiero, l’altra grande corrente, più fredda, ha il suo ceppo identitario in una differente forma di disadattamento e di disagio, quella dei nerd. Il suo epicentro potrebbe essere Seattle dove ha sede la Microsoft, fondata da Bill Gates. E dove ha sede anche Amazon. 25 anni fa, Jeff Bezos la scelse per il suo basso profilo fiscale.
Qui non c’è tanto la controcultura, ma la convinzione della centralità della tecnologia. Non solo per il futuro delle nostre società e il benessere delle persone, ma anche per la capacità di essere un veicolo diretto all’affermazione personale e al potere.
Entrambe queste correnti trovarono confluenza nel costruire un’alternativa alle installazioni istituzionali e imprenditoriali della Costa orientale degli USA che dominavano il panorama della tecnologia alla fine degli anni 60. Organizzazioni conservative e gerarchiche, assertive e dominanti, espressione un po’ brutale della Corporate America di quegli anni.
Secondo queste organizzazioni, la computazione e la potenza di calcolo dovevano restare appannaggio dei grandi gruppi industriali e del governo e non c’era bisogno di condividerla con le masse. Questa era la visione della vecchia guardia della Costa orientale, dei Watson dell’IBM o anche, di un tecnologo brillante, come Ken Olsen della Digital Equipment.
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Avviare un’impresa e cambiare il mondo
Per questo gli hippy odiavano i computer. I nerd, al contrario, li amavano, ma combattevano per qualcosa di diverso, ma alla fine convergente. Volevano che l’accesso a questi strumenti fosse illimitato e totale. Non doveva essere controllato e regimentato da un potere istituzionale o da una corporation conservatrice e pervasiva. L’accesso e la diffusione delle risorse, delle competenze e delle conoscenze computazionali avrebbe portato i nerd a dominare il mondo.
Nei suoi fini ultimi non era una grande visione di liberazione sociale, ma su molti punti intermedi del progetto collimava con quella di un gruppo di hippy. C’era, infatti, un nutrito plotone di loro che pensava che i computer potessero davvero trasformarsi in uno strumento di liberazione delle energie personali, di creatività e di emancipazione. Uno strumento, al pari dell’LSD, per alimentare le loro menti assetate di nuove esperienze. Da accaniti lettori di fantascienza, cosa in comune con i nerd, immaginavano quella enorme potenzialità delle macchine intelligenti, nel bene e, aggiungerei, nel male.
Ma quale poteva essere il mezzo più efficace per trasferire dalle loro menti alla realtà quel progetto di liberazione? La politica, l’istruzione, i media, la letteratura? No, lo strumento principale era fare impresa. Avviare cioè un’impresa tecnologica e farla crescere fino a togliere di mano lo scettro al complesso economico industriale dominante.
Il trionfo dei nerd
Nel 1996 Channel 4 e PBS (il servizio pubblico televisivo americano) distribuirono un documentario dal titolo The Triumph of the Nerds girato da un giornalista di “InfoWorld”, esperto di tecnologia, Robert X. Cringely. In effetti, seguendo il nostro schema, nel 1996 i nerd avevano trionfato. Microsoft, sotto la guida del principe dei nerd, Bill Gates, dominava l’intera industria.
Tutti i suoi rivali erano in una situazione critica. La Apple era sull’orlo del fallimento, la NeXT di Steve Jobs si stava spegnendo, l’IBM, dopo il buco nell’acqua di OS2, stava per lasciare il comparto dell’informatica di massa.
Microsoft stava espandendosi dal mercato consumer a quello corporate con soluzioni e idee che iniziavano a fare paura ai grandi incumbent che lo controllavano da decenni.
Inoltre la generazione dei nerd si stava installando nei grandi centri di calcolo delle multinazionali e delle grandi imprese americane. Qui portavano una visione del tutto nuova rispetto ai manager della vecchia guardia che si erano formati sui mainframe.
L’unica vera minaccia al dominio di Microsoft, il web, era ancora nella sua infanzia. La corrente fredda dei nerd sembrava avere prevalso su quella calda degli hippy. E sarà proprio il web il luogo dove sarebbe risorta dalle ceneri la cultura anarchica e libertaria degli hippy e dove si sarebbe infranta la volontà di potenza di Microsoft.
Per il suo documentario Cringely realizzò una cospicua quantità di interviste con i protagonisti più noti e meno noti della rivoluzione del computer. Una di queste fu con Steve Jobs. Jobs era ancora impegnato nell’incerta esperienza di NeXT, ma già in forte rimonta grazie alla straordinaria affermazione di Pixar che lo aveva reso di nuovo miliardario. Jobs parlò per 70 minuti, ma Cringely utilizzò solo un quarto d’ora del girato. Il nastro originale andò perduto per poi essere fortunosamente ritrovato nel 2012 e divenire un film.
In chiusura della conversazione Cringely chiese a Jobs se si sentiva più un hippie o un nerd. Già ci si può immaginare la risposta.
Sei hippy o nerd?
Se proprio devo scegliere tra i due scelgo chiaramente hippy. Tutte le persone con cui ho lavorato erano in questa categoria. Se mi chiedi cosa sia un hippy, ti dico che questa è una parola che può avere molte connotazioni, ma non per me che sono cresciuto in quel clima. È proprio successo nel cortile di casa mia. Per me significava che c’era qualcosa di più di quello che ci si aspettava dalla vita. C’era qualcosa di più del lavoro, della famiglia, di due auto nel garage e della propria carriera.
C’era un’altra faccia della medaglia di cui non si parlava, c’era qualcosa che andava oltre il consueto. E il movimento hippy ha iniziato a sperimentare che cosa questo di più fosse. Voleva scoprire qualcosa di differente da quello che gli mostravano i loro genitori o si attendevano da loro nella vita. C’era un germe di cambiamento, quel germe ha fatto sì che le persone volessero diventare poeti piuttosto che banchieri.
Lo spirito dei prodotti
Si tratta di una cosa meravigliosa ed è lo stesso spirito che può essere trasferito ai prodotti. Le persone che li usano possono percepire quello spirito. Parlo, per esempio, delle persone che usano il Mac e lo adorano. Sentono che dentro c’è qualcosa di davvero meraviglioso, di magico. Non succede spesso che le persone nutrano sentimenti verso i prodotti. Quando succede significa che in quelli c’è qualcosa di particolare, di vivo.
La maggior parte delle persone con cui ho lavorato, credo che abbia scelto di lavorare con i computer per il semplice piacere di lavorare con i computer. Hanno deciso di lavorare con i computer perché sono il mezzo per collegarsi con le persone e trasmettere loro la propria visione. Ha, prima di tutto, un senso per loro. Se non ci fossero stati i computer queste persone avrebbero fatto altre cose, ma quando i computer sono stati inventati, vi hanno visto il mezzo per poter dire qualcosa al mondo.
[…] la società in cui viviamo e, a tal riguardo, è curioso soffermarsi sulla sua origine. Infatti, solo nella California degli anni ’60 poteva diffondersi un modello del tutto rivoluzionario di rendere accessibile a quante più persone […]