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La definizione più comune e condivisa di sostenibilità urbana la definisce come “il processo attraverso il quale è possibile ottenere un miglioramento misurabile del benessere umano a breve e a lungo termine attraverso azioni a livello ambientale (consumo delle risorse con impatto ambientale), economico (efficienza dell’uso delle risorse e ritorno economico) e sociale (bene sociale, benessere e salute)”.
Il concetto di sostenibilità assume particolare importanza nelle aree urbane poiché non c’è alcun dubbio che le città e le aree metropolitane sono, e saranno sempre più, i motori della crescita economica ospitando la maggior parte dei posti di lavoro e svolgendo, inoltre, un ruolo chiave come centri di innovazione ed economia della conoscenza. Allo stesso tempo, le aree urbane sono in prima linea nella battaglia per la coesione sociale e la sostenibilità ambientale.
Le regioni europee traggono in gran parte profitto dalle enormi potenzialità delle città per aumentare la competitività e l’occupazione. Le città sono al centro degli interventi della politica di coesione che cercano di sfruttare le piene capacità economiche del nostro continente. Per facilitare o effettivamente avviare questo processo, le città spesso hanno bisogno di supporto per superare gli ostacoli esistenti alla crescita. Lo sviluppo di aree urbane svantaggiate è spesso un passo importante per liberare i poteri economici creando ambienti più esclusivi e attraenti per lo sviluppo.
Come più volte sottolineato, le aree urbane stanno vivendo un tasso di crescita della popolazione senza precedenti. Ad esempio, in Europa più del 70% (e questa percentuale arriva all’80% negli Stati Uniti) vive attualmente in aree urbane; un numero che dovrebbe continuare ad aumentare nel prossimo futuro. Globalmente, dal 23 maggio 2007, data in cui è stato certificato il superamento della popolazione urbana rispetto a quella rurale, più della metà della popolazione mondiale vive in aree urbane e si stima che questa cifra, a livello mondiale, supererà il 70% entro il 2050 (ONU, 2013).
Nel 2050, quindi, le regioni in via di sviluppo potrebbero aggiungere 3,2 miliardi di nuovi residenti urbani, una cifra superiore alla popolazione mondiale nel 1950 e il doppio della popolazione urbana aggiunta nel periodo 1950-2000. Entro il 2050, la popolazione urbana mondiale potrebbe raggiungere un totale di 6,25 miliardi, l’80% dei quali potrebbe trovarsi nelle regioni in via di sviluppo e concentrato nelle città dell’Africa e dell’Asia (ONU, 2013).
La concentrazione di persone, investimenti e risorse nelle città ha il potenziale per determinare conseguenze sia positive che negative. Accanto a sinergie che esaltano la creatività, l’innovazione, lo sviluppo economico e il benessere sociale e comunitario, le città possono purtroppo evidenziare livelli sproporzionati di inquinamento dell’aria e dell’acqua, perdita di biodiversità e aumento dei tassi di povertà concentrata. Le città devono anche affrontare sfide che possono sopraffare i loro sforzi per raggiungere la sostenibilità. Ad esempio, aree urbane sostenibili richiedono un migliore accesso ai servizi pubblici, fonti rinnovabili e convenzionali di energia, un’adeguata occupazione per i loro residenti, equità sia economica che culturale, nonché una maggiore resilienza contro il crescente impatto dei rischi naturali.
Inoltre, la crescente popolazione urbana pone sempre di più l’accento sull’efficacia delle infrastrutture esistenti e sulla domanda di nuove infrastrutture, mentre l’invecchiamento e il deterioramento delle infrastrutture creano ulteriori sprechi e inefficienze all’interno delle città; tuttavia, la possibilità di affrontare queste sfide è ostacolata dalle tensioni finanziarie e dalla competizione per le risorse economiche che affliggono molti budget governativi. La sostenibilità deve anche considerare gli enormi flussi di materiali, energia, risorse finanziarie e rifiuti all’interno e all’esterno delle città che possiamo quasi assimilare a un essere vivente con un proprio metabolismo.
Il concetto di “metabolismo urbano” fu utilizzato per la prima volta da Karl Marx nel “Capitale” per descrivere gli scambi materiali e il rapporto di interdipendenza che esiste tra la società umana e la natura: un approccio che è stato recentemente rivisto da geografi politici ed ecologisti politici (Ferrini, 2017).
Nonostante queste sfide, i centri urbani hanno il potenziale per capitalizzare la loro crescita e la loro innata diversità diventando le luci principali del mondo in termini di sostenibilità.
La definizione di città, per non parlare di “città sostenibile”, è comunque, controversa. Le città sono estremamente diverse in termini di dimensioni, struttura spaziale, modelli occupazionali, livello di sviluppo economico, disponibilità di risorse naturali e tessuto sociale. Inoltre, ciascun paese definisce una città secondo i propri criteri, tra cui una combinazione di caratteristiche amministrative, di densità edificativa o densità della popolazione, economiche e urbane (ad es. strade asfaltate, sistemi di approvvigionamento idrico, sistemi fognari e illuminazione elettrica), ma frequenti lacune nei dati temporali e spaziali rendono difficile la previsione accurata dell’urbanizzazione e delle dimensioni delle popolazioni urbane.
Per questi motivi è diventato sempre più difficile delineare aree urbane rispetto a quelle non urbane, con le prime che sono spesso un amalgama separato di persone e luoghi, dove risiedono abitanti e non veri cittadini e dove risulta complicato definire chiaramente i temi e i confini della sostenibilità.
Diverse definizioni di sostenibilità urbana sono state discusse nel corso degli anni. Ad esempio, i concetti di una città sostenibile si sono riflessi nella Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 sull’ambiente e lo sviluppo (ONU, 1993). La Dichiarazione di Rio del 1992 integrava le dimensioni economica, sociale, ambientale e governabilità della sostenibilità e sosteneva l’eliminazione di modelli di produzione e consumo insostenibili, l’eliminazione della povertà e il ruolo dello stato, della società civile e della comunità internazionale nella protezione l’ambiente.
Parlando di sviluppo sostenibile, Satterthwaite (1997) ha affermato che “le città sostenibili dovrebbero soddisfare le esigenze di sviluppo dei propri abitanti senza imporre richieste insostenibili a risorse e sistemi naturali locali o globali”. Burger et al. (2012) hanno sottolineato i vincoli biofisici a livello globale quando si considera la sostenibilità.
In quest’ottica, la sostenibilità urbana è un concetto fluido con l’obiettivo di elaborare politiche che miglioreranno le condizioni di vita e di lavoro per le generazioni presenti e future. In termini più generali, quindi, la sostenibilità urbana può essere pensata come il miglioramento misurabile del benessere umano a breve e a lungo termine ottenuto attraverso azioni a livello ambientale (consumo di risorse e impatto ambientale), economiche (efficienza dell’uso delle risorse e ritorno economico) e dimensioni sociali (benessere sociale e salute).
Sebbene nelle città si concentri un mix eterogeneo di persone e risorse, è anche chiaro che le città stesse non sono sostenibili senza acqua, energia, materie prime, cibo e altre risorse da aree non urbane, e allo stesso modo le regioni in cui sono situate dipendono dalle città per risorse. Le risorse necessarie per sostenere la vita urbana spesso hanno origine a grandi distanze dai loro punti finali di consumo, estendendo così la portata spaziale del loro impatto sui cambiamenti climatici globali.
Le città che sviluppano un’isola o una prospettiva di città murata, dove la sostenibilità è definita solo come attività all’interno dei confini della città, per definizione non sono sostenibili. Qualunque sia la definizione precisa, le città di tutto il mondo stanno abbracciando il concetto di sostenibilità urbana, affrontando anche le sfide della rapida crescita della popolazione e del suo impatto sulle risorse naturali limitate.
Un numero impressionante di iniziative di sostenibilità urbana è attualmente in corso o sono pianificate da governi locali, regionali, statali ed europei, dal mondo accademico, dal settore privato; e anche da entità non governative. Sebbene non esista un unico approccio alla sostenibilità urbana, i metodi innovativi attualmente in fase di sviluppo in alcune città potrebbero essere trasferibili ad altre.
È utile valutare le pratiche attuate in specifiche regioni urbane e metropolitane per determinare se e come potrebbero essere adattate e applicate in altre aree urbane. Potrebbero esistere opportunità significative, anche se non riconosciute, per rafforzare l’apprendimento collaborativo attraverso le città verso un beneficio più ampio delle comunità urbane e non urbane in tutto il mondo.
E non si può parlare di sostenibilità delle aree urbane senza parlare della componente vegetale delle stesse e, in particolar modo, degli alberi. Sebbene gli alberi non siano di solito la prima cosa che viene in mente quando si pensa alla vita in città, le foreste urbane sono fondamentali per garantire e migliorare la qualità della vita nelle aree densamente popolate. Esse offrono una serie di benefici ambientali e sociali che possono aiutare ad affrontare alcuni dei problemi più persistenti che affliggono le nostre città oggi, dalla salute e dal benessere, agli indicatori di equità sociale ed economica, alla resilienza e ai cambiamenti climatici.
In effetti, con oltre due terzi della popolazione mondiale proiettata a vivere in ambienti urbani entro il 2050, il futuro della selvicoltura urbana e il futuro della vivibilità delle nostre città sono inestricabilmente intrecciati. Inoltre, progetti e organizzazioni innovativi nelle città possono mostrare la strada ad altre comunità che cercano di sfruttare il potere degli alberi per un futuro più sostenibile.
Come riportato nel Manifesto delle Città e delle Foreste Urbane, presentato in concomitanza con il primo Forum Mondiale delle Foreste Urbane tenutosi a Mantova nel 2018 (https://www.wfuf2018.com/public/file/WFUF-Manifesto.pdf), le foreste e gli alberi urbani possono aiutare ad affrontare sfide che il futuro ci porrà e passare a un modello di sviluppo urbano più sostenibile e resiliente. L’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 11 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile si concentra sul rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili come uno dei risultati chiave per uno sviluppo sostenibile ed equo. Anche la New Urban Agenda, approvata da Habitat III nel 2016, menziona chiaramente il contributo delle foreste urbane e degli spazi verdi allo sviluppo urbano sostenibile.
Ma quali alberi per le nostre città? Mentre è scientificamente dimostrato che gli alberi producono tutta una serie di fondamentali servizi ecosistemici, le preoccupazioni sui costi di manutenzione e altre considerazioni possono a volte contrastare la nozione secondo la quale “gli alberi sono buoni” (Trees are good, www.treesaregood.org). Fortunatamente, ci sono molte prove a sostegno di un investimento significativo negli alberi per una moltitudine di ragioni.
Il World Economic Forum (WEF) afferma che “Un’azione veramente semplice che i leader municipali possono intraprendere per ridurre sia il caldo estremo che l’inquinamento atmosferico èpiantare più alberi”. Piantare alberi è, infatti, “un’azione ambientale multipla”, perché gli alberi agiscono al contempo sulla riduzione della concentrazione di CO2, mitigano l’isola di calore urbana, moderano l’effetto degli eventi estremi, moderano il particolato atmosferico e la presenza dei metalli pesanti.
Piantare alberi, in particolare nei grandi centri urbani, dovrebbe essere vista come una soluzione a basso costo (anzi dobbiamo considerarli un investimento a elevatissima resa) che può portare a una riduzione delle emissioni di gas serra e al miglioramento dei livelli di salute e benessere delle società. A questo proposito una ricerca ha dimostrato che un investimento globale di soli 100 milioni di dollari in nuovi impianti di alberi potrebbe potenzialmente fornire fino a 68 milioni di persone con riduzioni significative dei livelli del particolato atmosferico, contribuendo anche a una riduzione di 1 grado Celsius della temperatura dell’aria per 77 milioni di persone. Inoltre, “Un equivalente di investimento di 4 dollari a persona potrebbe salvare migliaia di vite ogni anno e ridurre gli effetti nocivi sulla salute di decine di milioni di persone”.
Leggiamo bene queste cifre. Stiamo parlando che con un investimento di soli 100 milioni di euro (il costo di un giocatore di calcio famoso), un numero di persone superiore a tutti gli abitanti del nostro paese, potrebbe avere dei benefici enormi. Oppure che un investimento di 25 miliardi di dollari a livello mondiale, potrebbe migliorare la salute e avere effetti economici diretti e indiretti di centinaia se non migliaia di miliardi di dollari.
Dove la piantagione di alberi spicca come una strategia di riduzione dei cambiamenti climatici è, come detto, nella possibilità di combattere sia l’isola di calore urbano che l’inquinamento atmosferico. Altre strategie come depuratori industriali, limiti al traffico di auto, biciclette e camion e l’uso di materiali da costruzione di colore chiaro sono buone strategie che hanno un ruolo importante da giocare e possono essere adottate dai leader municipali, ma riguardano solo la riduzione della temperatura o la riduzione dell’inquinamento e non entrambi contemporaneamente. E, soprattutto, lo fanno a un costo superiore, come emerge da una ricerca condotta recentemente condotta a Londra.
Gli effetti economici, ambientali e sanitari determinati dal mancato intervento contro l’innalzamento delle temperature e l’aumento dell’inquinamento atmosferico continueranno a intensificarsi se non verrà intrapresa alcuna azione. Nel 2016, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha stimato che l’inquinamento atmosferico potrebbe causare da 6 a 9 milioni di morti premature all’anno entro il 2060 e costare l’1% del PIL globale – circa 2.600 miliardi di dollari l’anno – a seguito di giorni di malattia, spese mediche e produzione agricola ridotta, a meno che non vengano presi provvedimenti.
Tuttavia, la sola piantagione di alberi non sarà sufficiente a risolvere tutti i problemi legati all’aumento delle temperature, all’aumento dell’inquinamento atmosferico e ai cambiamenti climatici, se questa non avverrà a seguito di un’attenta pianificazione che veda coinvolti esperti delle varie discipline di riferimento e che deve partire, la pianificazione e programmazione degli investimenti, dalla macroscala (a livello nazionale e sovranazionale), fino alla microscala urbana. Eppure, gli alberi e la vegetazione urbana (e non solo) sono certamente un tassello cruciale del puzzle e dovrebbero essere usati come strategia da tutti i leader, strateghi e decisori politici di tutto il mondo al fine di migliorare la salute e il benessere dei cittadini.
Satterthwaite, D. (1997) Sustainable cities or cities that contribute to sustainable development? Urban Studies, 34(10), 1667–1691.
Burger JR, Allen CD, Brown JH, Burnside WR, Davidson AD, Fristoe TS, et al. (2012) The Macroecology of Sustainability. PLoS Biol 10(6): e1001345. https://doi.org/10.1371/journal.pbio.1001345
Ferrini, 2017. A proposito di alberi. Giorgio Tesi Editrice Pistoia
Buongiorno, grazie per l’articolo.
Vorrei sapere se ci sono, ed eventualmente quali, associazioni o enti già organizzati in maniera competente che operano attivamente nella piantumazione di alberi in aree urbane.
Grazie in anticipo.
Michela Galeazzi
Need for urban green is indisputable. But it is really tough to adjust green in old cities because of emphasis of the past was on grey infrastructure and retaining some open spaces forpark and gardens and some some spaces for trees sporadically. Further due to more increase in population there are shortage of open spaces due to utilization of available open areas.
Probably there is need of policy decisions for retaining space for greening of cities and involvement of urban forest authorities for planning, implementation and management. in collaboration of with the City and Townplaning and Greeing authorities .