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Ci risiamo!
Dopo vari tira e molla, si sta cercando di rianimare una banca ormai defunta. Si profila un intervento-di-sistema come se avessimo un sistema bancario in ottima forma in grado di assorbire un ulteriore pezzo che crolla. La pezza è peggiore della toppa, soprattutto perché a pagare, direttamente o indirettamente, sono sempre i risparmiatori.
Carige è una banca commissariata dalla BCE ai primi del corrente anno e le sue azioni valgono carta straccia.
Vediamo in tre punti chi gira intorno alle sue spoglie e chi pagherà, come al solito.
La governance
Il primo punto dovrebbe riguardare la governance di Carige. E’ una società per azioni camuffata, con una base sociale di migliaia e migliaia di piccoli azionisti, rimasti con carta straccia tra le mani. Quindi, il primo punto è chi mette i soldi per un futuro pieno di nubi nerissime. Chi ha messo i soldi e li ha persi lo abbiamo già visto.
La questione è che sono stati in tanti a sfilarsi. La famiglia dei Malacalza, azionisti storici e di riferimento, ha preso paura dei piani industriali che il management somministrava a proprio piacimento. Ha fatto saltare un pò di aumenti di capitale (per 400 milioni) anche se rimane decisiva per la necessaria ricapitalizzazione della banca, pari a circa 1 miliardo di euro.
Al fondo nostrano Apollo e al fondo mondiale Blackrock, singolarmente e insieme, in base ai loro comunicati stampa, è sembrato troppo gravoso l’impegno di sostenere le sorti disastrate della banca. E si sono ritirati.
Ed allora si passa agli interventi-di-sistema con un accrocco degno dell’Armata Brancaleone.
Si affida il ruolo di regista al Fondo Interbancario dei Depositi che impegna centinaia di milioni di euro con uno schema “volontario”, sì da non incorrere nelle trappole degli aiuti di Stato. Giorno dopo giorno si aggiungono, salvo se altri, i soggetti pubblici Mediocredito Centrale, l’Istituto di Credito Sportivo, da poco uscito da un lungo commissariamento, e Cassa Centrale Banca di Trento, capogruppo delle Bcc del Trentino e altrove. Il grande pubblico ignora chi siano costoro, i cavalieri banchi dell’ennesima puntata della telenovela banche. Non è che i quattro soggetti non abbiamo problemi, anzi.
Vi sono problemi statutari per intervenire in modo massiccio e di compatibilità sostanziale, come nel caso della banca di Trento holding del credito cooperativo. Tutto si poteva immaginare tranne che la loro annosa e tormentata riforma, varata dal governo Renzi dopo anni di proposte e rabberciata da quello attuale, potesse partorire una operazione incomprensibile sul piano economico.
Vorremmo avere delucidazioni urgenti dagli organi di vertice della banca trentina, prima sulla coerenza della iniziativa con la propria mission, quindi sulle risorse da impegnare per Carige. E ovviamente sul fatto che le banche del gruppo abbiano approfonditamente discusso e approvato l’iniziativa.
In più, molti giornali attribuiscono ai trentini il ruolo di pivot industriale del salvataggio. Oltre a lasciare perplessi, questa ipotesi getta ombre sul futuro della gloriosa banca genovese, ma anche sulla chiarezza di obiettivi del credito cooperativo, dovendolo presumere impegnato a far decollare il proprio modello di governance, che non ha simili in altri paesi europei.
Invero, in un modo o nell’altro si tratta di soggetti che operano con i soldi di tutti noi. Quindi, nel migliore costume italico, sono soldi di nessuno, vista la facilità con cui li destinano alle operazioni più disparate e disperate? Ricordiamo solo di recente l’ILVA di Taranto e l’Alitalia.
Lo stato della disperazione
Ai primi di gennaio scrivemmo così e ci sentiamo di ripeterlo, perché è la sostanza della crisi della banca ligure. Vi inseriamo i dovuti, per quanto scarni, aggiornamenti ufficiali.
“La Banca centrale europea (BCE) ha nominato il 2 gennaio tre commissari straordinari e un comitato di sorveglianza formato da tre membri che subentreranno al Consiglio di amministrazione nella guida di Banca Carige…
Le dimissioni della maggioranza del Consiglio di amministrazione hanno reso necessario l’insediamento di un’amministrazione straordinaria che guidasse la banca al fine di stabilizzarne la governance e di perseguire soluzioni efficaci per assicurare in modo sostenibile la stabilità e la conformità alle norme…
La decisione di avviare la procedura di amministrazione straordinaria è una misura di intervento precoce finalizzata ad assicurare la continuità e a perseguire gli obiettivi di un piano strategico. Tale procedura comporta lo scioglimento degli organi di amministrazione e controllo della banca…
I commissari straordinari hanno il compito di salvaguardare la stabilità di una banca monitorandone attentamente la situazione, tenendo costantemente informata la BCE e, se necessario, adottando misure tese ad assicurare che la banca ripristini il rispetto dei requisiti patrimoniali in modo sostenibile.”
Poche e draconiane parole per fotografare la vicenda.Cerchiamo di capirne il senso profondo. Purtroppo la stampa ha raccontato queste vicende in modo un po’ frettoloso. Come se fosse soltanto un gioco al massacro tra pochi azionisti di peso. Una Beautiful in salsa genovese. Invece non è così semplice.
Nel comunicato ufficiale, si invocano misure patrimoniali di lungo periodo e l’adozione di un credibile piano strategico. Infine, si precisa che il commissariamento è una misura di intervento precoce. Adottato per evitare il peggio, cioè il fallimento dell’ente.
Quindi, siamo davanti a una situazione aziendale completamente deteriorata che si trascina da tempo e che si traduce in deficit patrimoniali e in anni di perdite di esercizio. Non è solo una schermaglia tra azionisti sul ring. Secondo gli ultimi dati a dicembre 2018, il conto economico era ancora in perdita di quasi 280 milioni (380 l’anno prima)a causa di svalutazioni su crediti e di un rapporto cost/income superiore al 90%. I depositi della clientela si erano ridotti di un paio di miliardi. I crediti inesigibili erano ancora molto alti, come risulta dalla tabella. C’è del miracoloso che una banca sia potuta sopravvivere in queste condizioni. Eppure è accaduto! Offrendosi al mercato come istituzione solida, in grado di affrontare in modo ordinato le sue criticità. In queste condizioni la fiducia non può non continuare a sgretolarsi.
Perché paghiamo sempre noi
Ci risiamo dicevamo. Tocca sempre ai risparmiatori mettere mano al portafoglio. Trascorsi due anni esatti dalle vicende del credito malato e del risparmio tradito delle due popolari venete. Repetita iuvant. Abbiamo una pletora di organismi di controllo, con in testa la Banca d’Italia per la vigilanza preventiva, seguita dalla CONSOB che ha sospeso il titolo per carenza di informazioni e infine il Fondo di garanzia dei depositi che si affanna a raccogliere i soldi per evitare il fallimento.
Era capitato con il governo PD e ora con il governo della discontinuità che ha varato un decreto salvaCarige del tutto simile a quello emanato anni prima per MPS. E’ ancora un pò in salita la strada che abbiamo raccontato (chi si fa avanti poi traccheggia), ma si tratta dell’ennesimo salvataggio pubblico mascherato da intervento-di-sistema. Può darsi che qualcosa vada storto nel trovare l’accordo tra i protagonisti della compagine azionaria.
Rimangono strade alternative anche se la più probabile, secondo vari analisti, è il Bail-in che decreterà la scomparsa di una banca secolare e fondamentale per l’economia settentrionale. Bad bank da una parte stracarica di crediti irrecuperabili e Good bank dall’altra da riconoscere per un piatto di lenticchie a qualche altra banca.
E chi doveva prevenire questo ennesimo scempio di risparmio tradito e di credito malato che fa?
Continuerà a fare le tre cose degli ultimi decenni? Cioè:
Spiegherà a buoi scappati di aver fatto il possibile e di non aver nulla da rimproverarsi?
Calcolerà con estrema precisione quanto abbiamo risparmiato con la soluzione adottata rispetto alle altre misure alternative?
Consolerà, infine, noi tutti, ricordandoci quanto poco abbiamo speso finora per salvare le nostre banche rispetto ad altri paesi?
Maledizione, ma come fate a non capire. Ogni volta ci tocca ripetere le stesse cose!
La questione bancaria, nonostante l’enfasi data ai miglioramenti, non ci ha ancora abbandonato e le sue involuzioni restano sul nostro capo a dispetto di un ottimismo degno di miglior causa.
L’intera vicenda mi ricorda in qualche modo la mitica scenetta di Totò quando fu scambiato per “Pasquale” …… anche se nel caso della Carige e del sistema bancario italiano, più in generale, c’è poco da ridere, purtroppo.