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Con tono compreso l’ex Direttore Generale di Bankitalia Salvatore Rossi ha concesso un’intervista, che ha occupato una pagina de La Repubblica del 22 maggio. Scaduto da pochi giorni, ha sentito la necessità di condividere con i lettori i suoi ricordi, professionali e non, e i suoi progetti futuri. Il tono oscilla tra Proust e il work in progress.
Si parte da lontano. Si laurea in matematica e entra in Bankitalia, Sede di Milano nel 1976. Si occupa di vigilanza bancaria, per poi abbandonarla per il Servizio Studi a Roma. Diviene Consigliere economico del Governatore Draghi e quindi fa ingresso nel Direttorio fino alla nomina a Direttore Generale. Diventa cioè il numero 2 di Palazzo Koch degli ultimi sei anni.
In queste ultime settimane, di fronte alle turbolenze sollevatesi nel procedimento di riconferma, decide di fare con saggezza un passo indietro. Convinto dalla moglie. Chi te lo fa fare, ha detto la signora. Tiene a far sapere Rossi. Un siparietto casalingo, di natura familiare lo richiama ai suoi doveri personali. Esclude che si stia ritirando sull’Aventino per fatti istituzionali. Ne’ è un Cincinnato deluso dalla irriconoscenza dei suoi concittadini. Ma, con stile, si produce in una serena e soddisfatta uscita di scena.
Quale morale il racconto ci trasmette non lo abbiamo capito. Un civil servant che fa un passo indietro a 70 anni? Una pubblicità progresso per i futuri studenti universitari, visto che andrà ad insegnare alla Luiss, senza peraltro rivelarci la materia?
Quando l’intervistato passa a rievocare gli aspetti istituzionali della sua lunga carriera, il giornalista gli chiede se ha capito perché le banche falliscono. Certo che dall’alto del Direttorio, egli risponde, non sempre si vedono i dettagli delle crisi, della vigilanza sulle banche si occupa la struttura, ma chiedendo in giro lui se ne è fatta una ragione. Anzi due.
La prima è che con i poteri che le autorità di settore hanno è stato fatto tutto il possibile. Nessuna responsabilità. La seconda è che Berlino non ci ha permesso di salvare le nostre banche, per partito preso nei nostri confronti. Giganti in patria e nani in Europa? Accidenti, la solita storia! Non è bastata la guerra a rovinarci, ora ci si mette anche la Merkel che affossa le banche italiane.
Così, non resta che chiederci se sia davvero passato più di mezzo secolo da quando Nando Meniconi, impersonato da Albertone Sordi, si giustificava, piagnucolando di fronte al giudice, “A me m’ha rovinato ‘a guera”.
Sintesi giornalistica del Rossi-pensiero: la nostra vigilanza è stata un (quasi) successo, cosa che ci fa tornare in mente il celebre “quasi goal!” del radiocronista sportivo Nicolò Carosio.
Vorremmo dedicarci per un attimo all’intervistatore che forse non maneggia al meglio il genere, invero tra i più difficili per un giornalista che cerchi, con le sue domande, di farci capire la personalità e il lascito dell’intervistato.
Noi dalla narrazione di 43 anni di carriera professionale del dr. Rossi, interamente spesa in posizione di osservatore privilegiato, attento studioso e responsabile di incarichi della massima delicatezza, ci saremmo aspettati qualcosa di più.
Dopo tutto dal 1976 in avanti sono capitati, salvo errori ed omissioni:
la prima crisi valutaria del dopoguerra(1976), il caso Baffi-Sarcinelli, rovinoso per l’Italia, invero citato nell’intervista (1979), il divorzio Banca d’Italia-Tesoro sul finanziamento del debito pubblico (1981), lo scandalo Banco Ambrosiano (1982), il trattato di Maastricht (1992), il nuovo Testo Unico Bancario (1993), la seconda crisi valutaria e il prelievo fiscale sui depositi bancari (1993), l’azzeramento del sistema bancario meridionale (1995 e seguenti), la controversa fissazione della parità di cambio lira-euro (1999), la sostituzione della moneta nazionale (2002), le feroci polemiche bancarie cui seguirono le dimissioni del Governatore Fazio (2005), il passaggio in Banca di Draghi destinato alla Bce (2005-2011), due leggi sul risparmio (2005 e 2014), l’avvio dell’Unione Bancaria Europea (2014), le riforme bancarie non completate (2014-2019), le crisi bancarie degli ultimi anni con distruzione dei risparmi di molti cittadini (2015 e seguenti).
Tutti argomenti, non certo marginali, di stretta competenza della Banca Centrale.
Una storia professionale come quella del dr. Rossi, intrecciata con tante vicende della vita economico-finanziaria della nazione, ha senza dubbio visto cose che noi umani non abbiamo nemmeno il modo di immaginare.
Purtroppo l’occasione di conoscere meglio le riflessioni maturate in questo suo lungo tempo da banchiere centrale è andata per il momento perduta.
Forse saranno affidate ad un prossimo libro in cui il dr. Rossi ci racconterà, in modo piano e convincente, e magari con aneddoti educativi, l’unicità della sua esperienza professionale. Con rinuncia a autoreferenzialità e con esercizio di un pizzico di autocritica, senza farci ricordare, nemmeno per un attimo, il grande Alberto del lei non sa chi sono io.
Così un’ultima domanda ci inviluppa la testa. A che serve pubblicare un’intervista del genere su un quotidiano nazionale? Ovviamente non intendiamo offendere nessuno, ma solo sostenere il diritto del cittadino ad essere maggiormente informato, per migliorare la capacità di valutare con consapevolezza l’operato delle sue istituzioni.
Mi capita sempre più spesso in eventi pubblici di fotografia che soggetti investiti di cariche rappresentative, anche importanti, che hanno ormai poco o più nulla da dire si riducono a essere autocelebrativi.
Non stupisce quindi l’ego sul quale molti di questi soggetti incentrano il loro disquisire, perché restano convinti (loro) di avere rappresentato molto nel contesto operativo specifico e che quel mondo oggi continua a girare anche grazie al loro essenziale contributo.
Miserie e nobiltà sono sempre presenti nel nostro panorama quotidiano, ricco di figure che meritano di essere a malapena ricordate e anche, per la loro evanescenza, velocemente dimenticate.