Cara Banca d’Italia,
Ho di te il massimo della considerazione, per la complessità e i rischi della tua attività. Non riconosco insindacabilità al tuo operato, ma sono pronto a difenderti con determinazione di fronte a ogni gratuito detrattore. Ciò detto, alcuni avvenimenti mi generano perplessità, che vorrei venissero chiarite.
Nell’ultimo Consiglio dei ministri, che ha varato le nomine del Direttorio, Salvini ha apposto la sua personale riserva in vista di una riforma dell’istituto. Può darsi che sia una boutade elettorale. Ma forse il tema non è così avulso. Il pensiero mi è venuto alla mente dopo aver partecipato a uno degli eventi intitolati “La Banca d’Italia incontra i cittadini” organizzati presso molte Filiali dell’Istituto.
I rappresentanti ci hanno enumerato e spiegato ad una ad una le molteplici funzioni svolte.
Aiutato dall’apposito volumetto “La Banca d’Italia.Funzioni e obiettivi” ne ho contate una quindicina (cfr. riquadro in basso).
Ora in un periodo nel quale gran parte dei poteri di vigilanza creditizia sono migrati, nel quadro dell’Unione bancaria europea, verso la Bce, come è possibile che rimanga in capo ad un soggetto nazionale una tale concentrazione di funzioni e di poteri, se davvero sono tanto importanti?
Al di là di questo punto, che non mi sembra irrilevante, mi sarei aspettato che venisse spiegato come tante funzioni diverse siano tra loro conciliabili e quali siano le modalità per farlo, considerati i presumibili trade off, se non addirittura le contrapposizioni, tra molte di esse.
Qualche esempio per spiegarmi meglio. Tra emettere banconote e sviluppare i pagamenti elettronici vi e’ conflitto? Come si gestisce? Parimenti, tra stabilità finanziaria e tutela del consumatore o fra vigilanza sulle banche e governo dei fallimenti bancari si debbono trovare ricorrenti mediazioni? Con quali regole ex ante, con quali costi ex post?
Il cittadino non vede più l’istituzione carismatica della sua ultracentenaria storia dopo le numerose Commissioni di inchiesta, concluse con impietosi giudizi di inadeguatezza. Tiene ancora banco la questione del ristoro dei truffati, a seguito delle tante crisi bancarie.
Si aspetta ora l’avvio di un’ultima indagine parlamentare, della quale si temono ulteriori e più profonde lacerazioni. Come se non bastasse, in queste ultime ore il capo della vigilanza della BCE, interrogato sulle più recenti crisi bancarie, ha parlato anche lui di inefficacia della vigilanza italiana.
Il recente rinnovo di alcune posizioni nel Direttorio non è stato un percorso facile e privo di attacchi mediatici. Una domanda su tutte riguarda il perché, in questi anni bancariamente orribili e considerata l’ampiezza delle funzioni in capo alla Banca Centrale italiana, i membri del Direttorio hanno avuto provenienza dal solo Ufficio Studi.
Alle molteplici funzioni istituzionali ha corrisposto un’unica matrice di esperienze professionali dei massimi rappresentanti. Le funzioni di vigilanza e di controllo non hanno avuto rappresentanti, nonostante il peso dell’area sull’intera organizzazione aziendale.
Anche nelle ultime nomine, la Vigilanza creditizia non ha espresso propri dirigenti. Per il comune osservatore, non sembra un attestato di fiducia e c’è il rischio che egli interpreti indipendenza e autonomia istituzionale come potere di autonominarsi per non estinguersi. Con le ultime immissioni assisteremo ad una maggiore dialettica?
Traggo da queste criticità una proposta, in linea con l’assetto prevalente in gran parte dei paesi europei.
Procedere rapidamente ad una netta separazione tra le residue attività di banca centrale e quelle di controllo, a vario titolo, sugli intermediari bancari, finanziari ed assicurativi.
Due Autorità con compiti molto precisi e definiti. Una banca centrale e una seconda Autorità con il focus sulla tutela del consumatore, sulla sana e prudente gestione e sull’antiriciclaggio.
Anche i compiti della CONSOB e dell’IVASS potrebbero essere assorbiti da questa nuova entità, risolvendo anche l’annoso problema del loro coordinamento, spesso individuato come causa di inefficienza dell’azione di prevenzione. Pure l’accountability nei confronti dei risparmiatori sarebbe probabilmente più chiara e diretta.
Con un mandato più netto, cioè non più circonfuso con altre funzioni, si eviterebbe il peccato originale di chi è chiamato ad attività di controllo: la cattura del regolatore.
Per illustrare di che cosa si tratti mi affido alle efficaci parole della Treccani.
È la teoria che enfatizza l’importanza dei gruppi d’interesse nella formazione della politica pubblica, al punto da ‘catturare’ gli agenti, inducendoli a certe scelte collettive piuttosto che ad altre, sulla carta migliori. Nell’ambito degli studi sulla regolazione, essa si contrappone alla teoria dell’interesse pubblico, secondo la quale i regolatori sono benevolenti ottimizzatori del benessere sociale. È stata formulata da G.J. Stigler (1971) come una teoria generale della regolazione, ma si è poi scontrata con la realtà dell’esperienza concreta. La teoria della cattura, infatti, non è in grado di spiegare, per es., le liberalizzazioni dei servizi di pubblica utilità degli ultimi decenni, anche se è certamente utile per giustificare le resistenze e i ritardi che le hanno accompagnate. Non si tratta di una teoria generale, quindi, ma di un utile strumento interpretativo.
Nello specifico quadro istituzionale che, come cittadino, ho tracciato, la cattura del regolatore può diventare figlia dei tanti, troppi obiettivi che diventano ridondanti, finendo per limitare l’efficacia dell’azione e creare confusione.
Come è possibile avere tanti obiettivi e realizzarli tutti insieme, in ogni momento e in ogni circostanza? E che obiettivi! Basta uno solo di essi a far tremare i polsi!
Per il futuro noi abbiamo bisogno di più efficaci strumenti di intervento, piuttosto che di troppi documenti da leggere per ricostruire l’accaduto. Pochi e semplici obiettivi che ingenerino fiducia e consapevolezza nei cittadini e nei consumatori. In una parola più prevenzione. Ricordandoci che la tutela del risparmio può essere solo ex-ante, perché ex post il problema diventa solo quello di distribuire i costi delle ferite subite tra risparmiatori e contribuenti. Spesso non in alternativa, ma su entrambi.
Insomma, alla fine dei tuoi incontri con i cittadini, viene in mente l’Ecclesiaste dove si dice che c’è un tempo per ogni cosa e che non ha senso resistere al tempo che la storia assegna.
Forse la narrazione del tuo ruolo in questi periodi di cambiamento richiederebbe altre modalità comunicative.
Tuo affezionatissimo.
DAL LIBRO LA BANCA D’ITALIA.FUNZIONI E OBIETTIVI
1) Una visione di insieme 2) La politica monetaria 3) Le banconote 4) I sistemi di pagamento 5) La Sorveglianza sui mercati e sui sistemi di pagamento 6) La Vigilanza sugli intermediari bancari e finanziari 7) La gestione delle crisi delle banche 8) La tutela della stabilità finanziaria e le politiche macroprudenziali 9) La prevenzione del riciclaggio e l’UIF 10) La ricerca 11) Le statistiche 12) I servizi per lo Stato 13) La tutela dei risparmiatori e gli altri servizi per il cittadino 14) L’impegno per la cultura, la società e l’ambiente.