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Esiste un tempo per ogni cosa, diceva l’Ecclesiaste.
E c’è una misura per ogni cosa. A volte una variazione del mille per cento vuol dire nulla nel suo significato economico, mentre un più 5 per cento è fondamentale per misurare lo slancio all’economia. Questa premessa pare indispensabile per capire i fuochi fatui che si stanno accendendo in vista delle elezioni europee del 26 maggio. Stiamo qui a discutere dello zero virgola che, per definizione, non potrà cambiare le sorti della nostra depressa economia. E’ un ossimoro dire che cresciamo di un più 0,1 per cento perchè non serve a nessuno. L’effetto psicologico però esiste ed è rilevante se siamo in vista di una tornata elettorale.
Vi è un altro aspetto dei numeri in economia. Sono facilmente falsificabili o non sono mai del tutto esatti; il che rende ancor più avvilente lo zero virgola.
Esemplare la storia accaduta in Grecia pochi anni fa. Essa è ambientata nell’istituto di statistica al Pireo ed avrebbe cambiato per sempre la storia europea. Siamo nel 2010 e a capo dell’istituto arriva Andreas Georgiou dal Fondo Monetario di Washington con l’incarico di rivedere la contabilità pubblica delle disastrate finanze elleniche.Il problema era che ben 17 società pubbliche erano tenute fuori dal calcolo del deficit. Se correttamente considerate nel conto, il deficit sarebbe balzato al fantastico livello del 16 per cento del PIL.
La Grecia era in bancarotta e si sarebbe trasformata ben preso in un protettorato di fatto dell’Europa, sotto la stretta sorveglianza della Troika.
Chi aveva scovato queste terribili verità non sarebbe stato forse un moderno eroe nazionale, ma un rigoroso e coraggioso civil servant, sì. Ma non fu così. Con stupore di mezzo mondo, l’integerrimo funzionario fu chiamato da una corte greca a testimoniare. I giudici volevano accertare, se il deficit pubblico fosse stato esagerato per far precipitare il paese nel caos. Ben presto Georgiou si rese conto che non era testimone, ma imputato. L’accusa mossa dal procuratore finanziario di Atene era di anakretis, cioè di alto tradimento.
Si stava assistendo a una rinnovata versione del romanzo di Kafka “Il Processo”. Josef K. era impiegato come procuratore presso un istituto bancario. Una mattina, due uomini a lui sconosciuti si presentano presso la sua abitazione, dichiarandolo in arresto, senza tuttavia porlo in stato di detenzione. K. scopre così di essere imputato in un processo. Pensando ad un errore, decide di intervenire con tempestività per risolvere quello che ritiene essere uno spiacevole e temporaneo malinteso. Non vi riesce in un crescendo di drammatiche assurdità, fino a subire la condanna a morte.
La storia dello statistico greco Georgiou è stata narrata da Federico Fubini nel romanzo La via di fuga (ed. Mondadori). Non credo siano in molti a conoscerla.
Sono storie che raccontano le verità nascoste dietro i numeri. Ci si riesce sempre a mettere la polvere sotto il tappeto per qualche tempo. Pensiamo alle sofferenze delle banche italiane esplose all’improvviso, ma che erano nascoste nelle pieghe dei bilanci da anni e anni.
Ed ancora, le quotidiane diatribe sui conti pubblici potrebbero essere riguardate da altro punto di vista. Se tutti pagassero l’enormita’ delle tasse evase avremmo ogni anno un surplus del 4/5 per cento del Pil. Come dire che nell’arco di un decennio il debito pubblico sarebbe dimezzato.
In conclusione, non è spiattellando dei numeri che si fa politica, anche se spesso accade proprio così. Bisogna capire quali sono i numeri che contano e pensare con un po’ di malizia che c’è sempre chi lavora nell’ombra per ritoccarli ai propri fini. La democrazia non ha ancora scovato validi anticorpi contro queste mistificazioni, purtroppo. E’ innegabile, però, che nei periodi in cui prevale la demagogia questi comportamenti si insinuano più in profondità ed è più difficile estirparli. La verità dei numeri diventa una peste da cui stare alla larga.