Si è chiuso ieri Il primo Festival Nazionale dell’Economia Civile tenutosi nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze con tre giorni di dibattiti molto partecipati.
È stato articolato in una ventina di sezioni dedicate ad una molteplicità di temi e ricco di testimonianze di esperienze nel campo della sostenibilità.
Sul palco si sono avvicendati esponenti dell’economia, della società civile, della cultura, ministri e, in chiusura, lo stesso Capo del Governo.
Intensa la partecipazione di pubblico, attirato dalla novità, in un panorama stanco e ripetitivo quanto a chiavi di lettura della nostra condizione socio-economica e poco efficace relativamente alle politiche di rilancio.
Principi e fatti dell’Economia Civile
Come si legge nella brossure di presentazione, il Festival intende, anche per il futuro, proporsi come motore di cambiamento, attivando dal basso cittadini, organizzazioni e imprese in nome dei valori socio-economici della sostenibilità, felicità, solidarietà, generatività.
Vi è bisogno che mercato e istituzioni trovino nella cittadinanza attiva e nelle imprese socialmente, ambientalmente e civilmente responsabili i punti di appoggio per uscire da uno stallo non solo economico.
Gli obiettivi consistono nell’accrescere la fiducia, la socialità, la mutualità e la contribuzione al benessere generale. Ora se è bene non indulgere in espressioni che, se prive di elementi concreti, diventano mere petizioni, è altrettanto vero che l’analisi di possibili innovazioni è importante. Come è importante misurare i progressi continui che avverranno su questo fronte.
Tra i tanti argomenti discussi abbiamo scelto la Finanza, che gioca un ruolo peculiare nella possibilità di riorientare società ed economia.
La Finanza si deve rinnovare
La prospettiva di una Finanza che si rinnova, aprendosi a sostanziali modificazioni rispetto alla visione affermatasi negli ultimi decenni, dovrà allontanare dall’esasperata ricerca del profitto che si è accompagnata all’assunzione di rischi crescenti, riverberatisi sull’economia reale.
Con il suo connaturato individualismo, la finanza tradizionale è dunque quanto di più distante si possa immaginare rispetto a un sistema a supporto di investimenti ad impatto sociale in termini di occupazione, tutela ambientale, servizi di vivibilità, sostenibilità.
Queste finalità richiedono di attribuire un peso minore al rendimento aritmetico dell’investimento, in cambio di una maggiore trasparenza sui progetti da finanziare, per proteggere gli investitori dal rischio. La valutazione dell’impatto sociale di questi progetti è molto più complessa e richiede strumenti dedicati per la corretta selezione delle iniziative e una piena informazione sui benefici attesi.
Tuttavia vi sono segnali che anche la finanza tradizionale stia tentando talune convergenze verso la finanza sostenibile, in ragione del crescente richiamo esercitato sull’opinione pubblica da queste tematiche. Potrà essere un modo per trovare avvicinamenti a vantaggio di entrambe le visioni.
Il settore no profit è una realtà che rappresenta l’8% del Pil europeo. Nel nostro paese, il peso è ancora ridotto, come lo sono i flussi finanziari diretti a questa parte dell’economia.
Poche, ad esempio, sono ancora le emissioni di green bond e bisogna comunque evitare che vengano spacciati per strumenti finanziari sostenibili operazioni che non ne hanno le prerogative.
Il fenomeno del green washing, cioè della vestizione ecologica di operazioni non aventi caratteri di sostenibilità, deve essere decisamente contrastato. Vi sono profili di interesse per le Autorità preposte al controllo dei mercati onde evitare false informazioni e finanche pubblicità ingannevole nei confronti dei risparmiatori.
Banche cooperative, banche etiche, crowdfunding e microcredito
Sono gli operatori e le attività di mobilizzazione di fondi ai quali ci si riferisce quando si parla di far crescere la finanza etica e sostenibile tramite intermediari no profit.
Nei fatti soltanto il credito cooperativo ha una posizione importante sul mercato del banking nazionale, con una quota pari al 7% dell’intermediazione complessiva. Tuttavia una parte ancora ridotta delle attività sono inquadrabili in attività no profit. Alcune meritevoli iniziative di solidarietà anche a livello internazionale per il commercio equo e sostenibile non appartengono direttamente all’attività bancaria in senso stretto.
Sembra inoltre che non vi siano banche pienamente inquadrabili nel contesto dell’art. 111bis del Testo Unico Bancario, aventi cioè tutte le caratteristiche di legge per essere identificate come banche etiche. Noi abbiamo spesso proposto la creazione di una BancaVerde®, non solo guardando alla tutela dell’ambiente, ma anche ad iniziative di solidarietà e di inclusione finanziaria.
Sono infine ancora marginali crowdfunding e microcredito.
Sul primo fenomeno non si hanno ancora dati analitici. Quanto al secondo, l’Ente Nazionale del Microcredito segnala che dal 2015, anno in cui è stata introdotta la fattispecie nel Testo Unico Bancario, al 2018 il totale dell’erogato, distribuito tra poco più di 3.000 operazioni, ammontava a 31 milioni di euro.
E’ stato sollevato dal dott. Sergio Gatti, direttore generale di Federcasse, l’ente associativo delle Banche di credito cooperativo, il tema di una regolamentazione di vigilanza bancaria che rappresenterebbe attualmente un limite, in quanto non proporzionata alla dimensione dell’impresa bancaria più prossima ai bisogni dei territori.
Una politica normativa che mira a un sistema di regole uguale per tutti gli intermediari non contribuisce infatti a quella differenziazione dell’offerta necessaria allo sviluppo delle miriadi di progetti, anche piccoli, ad impatto sociale. Sul piano organizzativo un contributo può venire dalla realizzazione di reti di banche no profit come quelle di credito cooperativo, in grado di sviluppare opportune sinergie. I servizi bancari, piuttosto che il credito, possono dare un contributo rilevante, chiudendo i gap sociali apertisi con le crisi bancarie.
La questione delle politiche di incentivazione ha pervaso la gran parte delle proposte per una finanza a sostegno del settore. Sta di fatto che siamo ancora in una fase in cui la direzione, per quanto indicata, deve ancora trovare consolidamento.
Il dottor Stockmann
Ci permettiamo di chiudere con il dilemma che il grande drammaturgo norvegese Henrik Ibsen, inserì ne Un nemico del popolo, scritto nel 1882, quando un medico, il dr. Stockmann, scopre che le acque della stazione termale della sua città sono contaminate.
Egli vuole avvisare la popolazione, indicando i costosi, ma necessari, interventi di manutenzione e procedere con la chiusura temporanea dello stabilimento. Il sindaco, che è anche suo fratello, vuole invece mettere a tacere queste voci. Il dottore prosegue nel comunicare il suo pensiero, convinto che la cittadinanza alla fine gliene sarà grata. Scopre invece che tutti sono contrari a rendere pubblica l’informazione sulla contaminazione delle acque. Così egli perde il lavoro, la sua casa viene assediata, la famiglia offesa e lui è additato come “nemico del popolo”, secondo il principio democratico delle maggioranze. Nonostante tutto questo, invece di fuggire, decide di combattere per la verità, indipendentemente dal prezzo personale, dichiarando amaramente che: “l’uomo più forte del mondo è anche quello più solo”.
Ecco che noi vorremmo che questo primo Festival Nazionale dell’Economia Civile segnasse un incipit per un approccio strutturato e per una cultura collettiva di sostenibilità, non solo allo scopo di comunicare idee sulle quali nessuno può dirsi in disaccordo, ma anche per promuovere linee di azione generali, trasparenti e verificabili.
Affinchè nessuno si ritrovi nella condizione del dr. Stockmann, c’e bisogno di istituzioni per orientare le numerose iniziative nascenti dal basso.
Aspettiamo con fiducia la seconda edizione del Festival per comprendere meglio le possibilità di affermazione di questi nuovi indirizzi in economia. Intanto già avanza la decima edizione del Salone del Risparmio, quest’anno dedicato interamente agli investimenti sostenibili e alla Finanza etico-diretta. Che il tema non diventi materia prima per eventifici!
Il tutto appare auspicabile, a condizione che si avvii una decisa operazione di risanamento della paludosa articolazione politico istituzionale della società civile, che veda almeno una decisa sburocratizzazione delle amministrazioni e una riforma della giustizia che assicuri snellezza ed efficienza operativa.