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Corsi e ricorsi

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Salvator Dalì - La persistenza della memoria (1931)

Quanti di noi hanno avuto modo di parlare o discutere di “scala mobile”?

Ufficialmente fu conosciuta come “indennità di contingenza”, tra fine anni ’70 e inizio anni ’80. Essa fu oggetto di rivisitazione nel tempo. Esisteva un “paniere”, contenente beni particolari di largo consumo. Con riferimento all’andamento dei prezzi di tali beni, un’apposita Commissione procedeva, trimestralmente, alla verifica delle eventuali variazioni. Alla fine provvedeva – con il meccanismo della scala mobile – all’adeguamento del costo della vita.

Lo scenario economico non era come quello di oggi.  Al fine di recuperare il potere di acquisto dei salari, sindacati e Confindustria affrontarono la soluzione di questo problema. Infatti, la stessa scala mobile fu abrogata tra il 1984 e il 1992. Qualcuno si era accorto che era nato un circolo vizioso che aveva prodotto la crescita dell’inflazione.

Chiedo ancora un piccolo sforzo di memoria. Molti ricorderanno che, prima di abolire la scala mobile, si pensò di congelarla, per le cause esposte in precedenza. Per non provocare danni ai lavoratori, i vari governi in carica decisero di sostituire il mancato adeguamento dei salari. Trasformarono l’importo maturato e non riconosciuto in speciali emissioni di BTP.

Erano titoli al portatore con scadenza quinquennale e decennale e tassi a due cifre. Lo Stato in tal modo difendeva i percettori di salari e stipendi. Riconosceva loro – a fronte degli aumenti del costo della vita – importi che producevano interessi semestrali e il capitale riscuotibile alla loro scadenza.

Veniamo ai giorni nostri. Lo scenario è simile, ma non uguale. Il momento è comunque difficile, per tanti motivi. Le cause sono note un po’ a tutti. Soffriamo di disoccupazione alta, chiusura di aziende,  PMI che non riescono ad incassare i crediti nei confronti dello Stato.

Sono sotto gli occhi di tutti anche le iniziative che lo Stato ha provato a realizzare e i risultati ottenuti. Mi riferisco ai provvedimenti nei confronti dei “pensionati d’oro”. Tutte persone benestanti, che vivono di rendita, con case di lusso ai Caraibi e Jet privati. Questo è il quadro dell’immaginario collettivo che suggerisce soluzioni inopportune e non si sofferma sulla loro incostituzionalità. E nemmeno sulle tante cause, dall’esito incerto per lo Stato, che si produrranno per effetto di certe velleità egualitarie. Costi e benefici andrebbero più attentamente misurati, in base anche alle esperienze passate.

Ciò premesso, consiglio di valutare la possibilità di riconoscere un ristoro ai pensionati colpiti dall’obbligo di versare il “contributo di solidarietà” e subire il blocco della perequazioni.

In particolare, resterebbe il prelievo del contributo, nelle forme e nelle percentuali previste. Sarebbe, tuttavia, interessante considerare questo prelievo una forma di “prestito forzato”. Per questo motivo, lo Stato, si impegnerebbe – con l’emissione di titoli – a restituire a scadenza le somme trattenute.

Gli obiettivi sarebbero interessanti. I pensionati oggi svolgono il ruolo di ammortizzatori sociali. Grazie a costoro molti giovani (figli e nipoti) possono permettersi di sopravvivere alle difficoltà del momento. Inoltre si garantirebbe il recupero a distanza di anni, forse in un momento migliore per le nostre finanze, di somme di cui sarebbe certamente comodo disporre.

Lancio l’idea, sempre in forma provocatoria. La speranza è che siano tanti altri a sostenere la causa e a proporsi come sostenitori della soluzione di un problema, che come altri scatena demagogie a non finire. Il riequilibrio nella distribuzione del reddito riposa sull’aumento delle risorse, non su trasferimenti che a medio termine non aggiustano nessuno dei problemi che abbiamo di fronte.

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