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Nei ruggenti anni del credito malato e del risparmio tradito, Venezia e il Veneto vivono altre esperienze in materia creditizia, per certi versi impensabili.
La Serenissima Repubblica da sempre aperta a connubi commerciali e finanziari si arricchisce di due realtà blasonate proprio nel credito. E’ una Venezia bancaria minore di cui poco si conosce, ma che oggi sta conquistando la ribalta, se non nazionale almeno delle prime pagine dei giornali locali.
Due famiglie di alto lignaggio e con legami quasi insussistenti con la realtà veneta fondano a Padova nel 2006 il Banco delle Tre Venezie e traferiscono a Mestre Banca Ifis, creata a Genova nel 1983.
Da un lato vi è la nobile casata portoghese degli Espirito Santo, uno dei principali banchieri europei con sede a Lisbona. Dall’altro, la potente dinastia dei Furstenberg che, dal Sud della Germania, scende prima a Genova e poi a Mestre.
Il Banco si specializza in crediti corporate con 400 milioni di impieghi su 700 di totale attivo (Relazione primo semestre 2018), mentre l’altra entra nel mercato dei crediti deteriorati che in regione abbondano. Aggiunge nel corso degli anni società specializzate in leasing, credito al consumo e credito alle farmacie con CrediFarma. Nel complesso gli impieghi a clientela del Gruppo raggiungono, secondo i dati preliminari di bilancio 2018, 7 miliardi su 9 miliardi di euro di totale attivo. Quindi un peso per entrambe del tutto marginale nel mercato creditizio veneto.
Ne sapevamo poco fino ad oggi, quando all’improvviso compaiono due comunicati stampa che mettono a soqquadro la governance delle due banche.
Mestre (Venezia), 9 marzo 2019 – “Si rende noto che, in data 8 marzo 2019, l’Amministratore Delegato di Banca Ifis S.p.A., Dott. Giovanni Bossi, ha ricevuto una comunicazione personale a lui indirizzata a mano dal Presidente de La Scogliera Sebastien Egon Fürstenberg con la quale quest’ultimo, confermandogli l’apprezzamento per il lavoro svolto in tanti anni di guida della Banca quale Amministratore Delegato, gli ha voluto, per correttezza, anticipare la decisione del socio di maggioranza di non presentarlo nella lista in corso di definizione che sarà depositata in vista dell’Assemblea chiamata a rinnovare il Cda della Banca.
Non sembra decisione che faccia intravedere piena soddisfazione per la conduzione del modello di business degli NPL sviluppato negli ultimi anni.
Qualche mese addietro avevamo letto, sempre sulla stampa locale, questa volta con riferimento alla Banca del Financeiro Portuguese, quanto segue:
“La banca delle imprese, nata nel 2006, potrebbe essere il prossimo ghiotto boccone di Pechino, pronta a iniettare milioni di denaro fresco nell’istituto. Si profila, di fatto, il controllo di Project group Asia investment su Banco delle Tre Venezie: un’iniezione di 22 milioni nel capitale sociale (44 milioni 638 mila euro) dell’istituto di credito costituito il 24 luglio 2006 a Padova.”
Il gruppo Espirito Santo è andato in default e anche per le sue controllate si cerca un salvatore.
Per entrambi gli istituti, si tratta di questioni e assetti di governo rilevanti ai fini aziendali, con poco significato macroeconomico.
Proviamo allora a trarre qualche indicazione di carattere generale.
Nel periodo di massima espansione del sistema bancario veneto e poi di crisi investitori, pur di grande rilevanza internazionale, si ritagliano un peso modesto. Sembrano spettatori desiderosi di vivere all’ombra degli eventi del sistema locale veneto. Non sono in grado di incidere sulle questioni del finanziamento delle imprese, nè di imprimere una sterzata al traballante sistema post crisi.
La lezione che ci sentiamo di trarre è ancora più ampia. E’ strettamente connessa con chi dichiara con certezza di conoscere quanto sono costate le crisi bancarie, senza ben ponderare la riduzione nell’offerta di credito sempre più indispensabile per ripartire.
Il quadro che abbiamo tracciato è, infatti, deludente, perchè nel prossimo scenario delle fusioni bancarie una delle regioni più dinamiche d’Europa non sarà rappresentata, essendo priva di un banking di riferimento in grado di fare la differenza nel futuro gioco competitivo.
Venezia e il Veneto sono destinate ad attrarre le banche estere come attraggono i turisti “mordi e fuggi” da ogni parte del mondo. Nulla di più. Arrivano per il brand, ma gli investimenti che contano vanno altrove.
Non rimane davvero che sperare in Venezia come uno dei terminali della Via della Seta?
Chissà se da un Marco Polo, banchiere cinese au reverse, potremmo aspettarci modelli di business più adatti ai nostri bisogni. Dei nostri modelli, più grandi e più piccoli, è certo che non abbiamo fatto buon uso.