Tempo di lettura: quattro minuti. Test leggibilità **.
Fenomeni alla moda o vere innovazioni?
Le notizie intorno a Bitcoin e Blockchain hanno cominciato ad affollare le pagine dei quotidiani quando il prezzo della criptovaluta più famosa – e discussa – al mondo ha cominciato a crescere.
Oggi che il prezzo è invece stabilmente ridotto e il clamore in parte acquietato, il rischio è di allontanare i riflettori da quella che è forse la più dirompente innovazione tecnologica dall’invenzione di Internet in avanti. Rischio di segno opposto è farne oggetto di continui, ma vuoti richiami, quasi fosse una moda effimera.
Sono da affrontare risposte a domande basiche, talvolta anche ovvie di chiunque desideri approcciarsi alla questione quali: “Che cos’è la Blokchain”, “Che Cos’è il Bitcoin”, “Come ce ne possiamo servire”.
Prima di procedere, e con una rapidità che sfocia nell’imprecisione, tentiamo di accennare una sintetica risposta.
Blockchain è una rete sulla quale è possibile scambiare informazioni non modificabili e non duplicabili (quindi anche non falsificabili), accessibili a chiunque in qualsiasi momento e – di fatto – impossibili da smarrire.
Bitcoin è un oggetto, sotto forma di moneta, costruito sulla prima blockchain creata, che nasce con lo scopo di comportarsi come “oro digitale”.
Più complesso è rispondere all’ultimo quesito. Siamo infatti solo agli albori della tecnologia e non dimentichiamo che lo stesso internet è ancora relativamente giovane.
Senza arrischiarci in voli pindarici, blockchain potrebbe sostituire qualunque tipo di registro nel quale è determinante l’autenticità delle informazioni raccolte. L’elenco è davvero lungo.
Può andare dal catasto alla motorizzazione, dalle cartelle sanitarie agli albi professionali, dalla trasformazione dei prodotti allo smaltimento dei rifiuti, dalla protezione del patrimonio artistico alla tutela della proprietà intellettuale.
E tutto ciò è solo a titolo di esemplicazione, anche se sufficiente a dare il senso di pervasività della innovazione.
A ciò è da aggiungere il contributo delle monete virtuali al contrasto del fenomeno del double spending, di cui purtroppo in Italia siamo maestri.
Dalla falsificazione delle banconote, agli impropri utilizzi degli assegni (tra giri e postdatazione), confondendo spesso mezzi di pagamento e strumenti di credito, abbiamo prodotto incertezza nelle transazioni economiche.
Blockchain e l’Italia
L’Italia, paese notoriamente in ritardo quando si tratta di innovazione tecnologica, sembra muoversi invece con spirito progressista nei confronti di blockchain, promuovendo, su iniziativa del Ministero dello sviluppo economico, gruppi di esperti.
Da essi dovrebbe scaturire, entro marzo, una strategia nazionale per proporre lo sfruttamento sistematico di questa tecnologia.
Nel corso di tutto il 2018, se da un lato è stato dilagante lo scetticismo su Bitcoin ed in generale sui prodotti finanziari basati su blockchain, si sono dall’altro annunciate numerose iniziative di studio. Il 2019 sarà l’anno in cui cominceranno a prendere forma concreta tanti progetti.
La legge di bilancio con gli incentivi fiscali per Industria 4.0, blockchain e sviluppo della IA, il Decreto semplificazioni, con il riconoscimento del valore legale agli Smart contracts e da ultimo il Fondo per l’Innovazione contengono importanti novità.
La sfida istituzionale è ora quella di costruire intorno a blockchain una dotazione normativa, tale da rendere questo oggetto a misura di mercato.
La vera ricchezza di un paese
È noto che la vera ricchezza di un paese si misura in termini di attività ad alto valore aggiunto.
Quasi esistesse un prodotto interno culturale delle nazioni, dei popoli, di ciascun individuo, che di rado emerge nella sua purezza, ma dal quale dipendono molti effetti dell’azione umana.
Tali riflessioni non sono frutto della penna spocchiosa di qualche umanista. Sono invece il riconoscimento che in questo approccio confluiscono molte novità interdisciplinari.
Esse riguardano non solo la tecnologia (uso massivo di crittografia e della rete Web), ma anche la scienza economica (una nuova moneta organica e maggiore certezza delle informazioni), l’evoluzione istituzionale (un minor ricorso a centri di potere e di intermediazione), il bisogno sociale di piu sicurezza delle transazioni (uso di algoritmi in luogo del principio di fiducia), una maggiore autonomia individuale. È un po’ come se si trattasse di comporre un nuovo modello socio-economico-culturale.
Politicamente, mentre tutti vanno alla ricerca di soluzioni elettoralmente spendibili della crisi economica, una risposta concreta potrebbe consistere in una opportuna e capillare informazione sulla innovazione in discorso.
Il dettaglio delle questioni normative è materia da esperti. L’aspetto rilevante è però che si rompano gli indugi sul tema. Anche a costo di commettere qualche errore e dover aggiustare il tiro in corso d’opera, il costo dell’inazione sarebbe ben maggiore di quello della sperimentazione.
Nella condizione attuale non è certo l’Italia il paese che può permettersi di aumentare le distanze dagli altri.
Per contro una legislazione a maglia larga – tale da consentire di iniziare a lavorare concretamente con prodotti e servizi basati su blockchain – potrebbe divenire occasione per attirare importanti investimenti dal mercato globale.
Sembra impossibile, ma persino in Silicon Valley – dove lavoro come consulente – negli ultimi mesi non si parla che di blockchain.
Quello che gli investitori (e specialmente quelli istituzionali) aspettano con impazienza è una regolamentazione che consenta di muovere fondi di rilievo senza compiere salti nel buio, ma potendo contare su una rete di sicurezza normativa per i propri capitali.
Evitare il gap di conoscenze
Per poter cavalcare davvero l’onda dell’innovazione manca tuttavia un tassello fondamentale: la capillarizzazione delle conoscenze.
Occorrono infatti operatori nel campo dell’innovazione, capaci di accogliere le nuove opportunità trasformandole in generatori di valore, prima di tutto per loro stessi.
Le tre parole d’ordine per fare di una tecnologia d’avaguardia un’opportunità concreta sono: divulgazione, informazione e formazione.
Senza cittadini che conoscano, comprendano e possano utilizzare le nuove tecnologie il rischio è di preparare un terreno che non sarà mai coltivato.
Oggi viviamo una singolare e per molti versi paradossale condizione di crisi dell’occupazione, unita alla impossibilità per le aziende di reperire le figure professionali di cui necessitano. In particolare è proprio quello informatico il settore più richiesto e puntualmente disatteso. E i nostri giovani continuano a studiare discipline poco utilizzabili dal mercato.
La rivoluzione 4.0 e blockchain ci offrono l’occasione per fare un passo verso il futuro, formando rapidamente le nuove generazioni in una materia spendibile nell’immediato, con massimo profitto e minime richieste infrastrutturali.
Anche la più lunga maratona comincia con il primo passo
La conoscenza è certo il primo requisito per iniziare il percorso che porta alla padronanza dello strumento.
È importante infatti ricordare che tutto ciò che non conosciamo ci suscita una naturale – e per certi versi compresibile – repulsione. Questa caratteristica è inscritta nella nostra natura animale, che ci protegge dai rischi dell’ignoto, suggerendoci di starne prudentemente alla larga. Nessuna scimmia dopotutto vuole essere la prima a scoprire se un certo frutto è commestibile o velenoso.
A ciò si aggiunge il fatto che uscire dalla propria zona di confort per avventurarsi in territori inesplorati richiede di vincere anche la resistenza degli sforzi che occorre compiere. Per questo la mole di informazioni disponibili ovunque e nelle forme più disparate rappresenta solo apparentemente una risorsa. Infatti i numerosissimi testi sull’argomento sono utili solo ai pochi che siano già convinti di compiere il passo decisivo.
La vera sfida è far conoscere organicamente blockchain e la rivoluzione che porta con sè al maggior numero di italiani, i quali nei prossimi anni potrebbero godere dei suoi frutti o ignorarli completamente.
Una divulgazione capillare, calibrata sull’arricchimento delle competenze dell’uomo della strada, è la soluzione per raccogliere la sfida lanciata da blockchain. Ovviamente è nella scuola e nei corsi di formazione e di aggiornamento professionale che questa materia dovrebbe trovare definitiva legittimazione.
Ed ecco perché blockchain e bitcoin rappresentano argomenti immediati di Educazione Finanziaria da proporre in tutti i luoghi in cui si intenda esercitare un’azione di avanzamento delle conoscenze per il futuro.