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Ansie di lavoro
Assunta Serena Scarpinata, coniugata con Max Cavolata, scrupolosa impiegata nell’azienda di eccellenza burocratica della città, un giorno udì pronunciare da un collega la fatidica frase: “Occhio, sono arrivati gli Ispettori da Roma”.
“Era ora!”, pensò d’istinto Assunta Serena, continuando nel monotono tran tran quotidiano. Anche altri della DAP, Divisione Assemblaggio Pratiche si riconobbero in quella silente esternazione di sollievo.
“Così”, aggiunsero sempre in cuor loro, “finalmente i capi la finiscono di rompere i coglioni con richieste d’approfondimenti, chiarimenti e precisazioni che dovrebbero far parte delle loro prerogative professionali. Vedremo quali giravolte trarrano dal loro repertorio per mascherare le loro inadeguatezze e trarne vantaggio, al termine di questi periodici controlli”.
E intanto le domande riempivano i corridoi. Quanti sono questa volta? Come si chiamano? Che impressione ne hai a prima vista? Ne conosci qualcuno? Che anzianità hanno, che grado, da dove vengono? Quello, mi sembra, c’era già stato l’altra volta? Chissà quando verranno nel nostro ufficio? Quanto a lungo si tratterranno? Che cosa chiederanno? Con chi si relazioneranno?
I più arditi arrivavano ad esporsi, stando però attenti a non alzare troppo la voce: Quanto durerà questa farsa? Anche questa volta il nostro capo se la scapolerà! Sarà la solita porcata! Se la prenderanno con qualcuno di noi, le ultime ruote del carro! Come al solito!
Assunta Serena pensò che fosse doveroso mostrare la casa smagliante e lucida più del solito, come quando si attendono ospiti, ancor di più se di riguardo e pronti a rilevare ogni minimo difetto. Non le sarebbe costato molto. Lei non aveva nulla da nascondere, dopo tutto. Era soprattutto curiosa di osservare le dinamiche che si preannunciavano.
Cambiamenti climatici
Cominciò subito a notare in taluni suoi superiori sconosciute doti di educazione, finora accuratamente nascoste. Il tutto era condito da splendidi sorrisi, ad intera arcata dentaria.
Si sprecavano espressioni come “mi scusi”, “prego”, “mi permetta”, “la ringrazio”, “molto gentile”, “si figuri”, “non s’incomodi”, che infioravano i rapporti interpersonali, prima tenuti secondo più ruvide modalità. Notò anche con piacere certe autonome iniziative dei suoi capi, che di solito era necessario sollecitare perché si decidessero a decidere. Mettere una firma voleva dire assumersi responsabilità. E per farlo c’era sempre tempo.
Assunta Serena Scarpinata, in Cavolata, osservò anche che alcuni suoi colleghi apparivano frastornati, intontiti, interdetti. Quasi avessero scordato le sicurezze e gli automatismi di tutti i giorni. Si irrigidivano ad ogni squillo del telefono. Chiamati dagli ispettori scattavano in piedi simultaneamente urtandosi tra loro. Erano continuanamente a scambiarsi domande sulle pratiche per verificare se nascondessero imperfezioni a loro imputabili. Andavano di continuo tranquillizzati e rassicurati. La sindrome dell’ispezionato era scesa su di loro.
Fu così che la mente di Assunta Serena fu assalita da analogie e metafore. Si sorprendeva a sorriderne da sola. La prima fu di richiamarsi al mondo degli animali.
Come nelle favole che si raccontano ai bambini, i gatti e le volpi adulano e, nelle occasioni critiche, si defilano. Poi pensò a Orwell e alla sua fattoria.
Nella circostanza, i maiali smisero di grugnire, i caproni repressero certi naturali istinti, i lumaconi rientrarono nei loro gusci, i leoni si camuffarono in più mansueti gatti. Coloro che latravano alla luna furono isolati o dotati di museruola e, mentre pochi muli continuavano a far girare la ruota del frantoio, le belanti pecore attendevano il passaggio della “piena ispettiva” (“calati junco ca passa la china”).
L’introspezione psicologica di Assunta Serena ebbe modo di affinarsi. Notò comportamenti e sguardi sulla difensiva, come quelli letti negli occhi dei bambini, quando si tenta di elargire loro inusuali carezze.
Quei colleghi, abituati all’ordinaria indifferenza dei superiori o a ricevere rabbuffi come i figli da una madre stanca e nervosa, restavano inebetiti. Sembrava quasi di vederli alzare, temendo il peggio, il braccio in atteggiamento di istintiva protezione.
Assunta Serena avrebbe potuto scrivere pagine e pagine sui comportamenti opportunistici e sulle tecniche per ingannare e sottomettere gli allocchi. Promesse, lusinghe, preferenze, simpatie, protezioni ed anche qualche abuso e sopruso. Eventi ordinari nel mondo della burocrazia, non tragiche evenienze, s’intende.
Lucide reazioni
Da giovane, Assunta Serena era stata una convinta idealista. Pulita nei pensieri, auspicava la prevalenza dei più sani principi aziendali e aveva apprezzato le poche mosche bianche del suo ambiente; quegli sparuti superiori che praticavano convinti la trasparenza nella gestione e l’impegno per migliorare i servizi alla collettività. Aveva creduto la giustizia imparziale e il tempo galantuomo. Oggi era delusa e disillusa. Il passare degli anni e l’esperienza l’avevano portata ad un approccio pragmatico. Ma non si poteva sottrarre al suo carattere.
Anche se la maturità illumina e ridimensiona gli ideali, non ce la faceva a sottostare ai credi del “carpe diem”, della “testa che non parla si chiama cucuzza”, dell’ottimismo della ragione e di quello della volontà.
Ormai Assunta Serena, conosceva tutto del lavoro. Identificava immediatamente le qualità personali e lavorative di impiegati e impiegate. Prevedeva con sicurezza gli eventi. Tutti si rivolgevano a lei. Serena, puoi aiutarmi? Assunta, come debbo svolgere questa pratica?
Sapeva che pure stavolta i Verificatori si sarebbero a lungo rapportati con lei e sapeva pure che avrebbe risposto con professionalità, educazione, senso del dovere, puntando sempre a tenere unita la baracca. Se fosse stato necessario, si sarebbe assunta anche qualche colpa non sua.
In verità, conosceva l’andazzo, sapeva che gli Ispettori non desideravano di trovarsi di fronte a problemi seri. A rogne, tanto per capirsi. Tante piccole manchevolezze da scrivere sul rapporto finale, ben volentieri, qualche impiegato di basso grado da redarguire, certamente sì, un funzionario già caduto in disgrazia da affossare definitivamente, nulla quaestio. Per il resto, per ciò che contava veramente “tutto ok, l’ambiente splendido ed efficiente, i Capi affidabili, attenti, lungimiranti”.
Lei avrebbe glissato con intelligenza, non con furbizia, su pettegolezzi e deficit di comuni impiegati di comuni burocrazie, che se ampliati, potevano offrire lo spunto per punire qualche malcapitato. Un abbassamento nella valutazione, una decurtazione del premio di produzione, finanche un trasferimento punitivo. Aveva il pieno controllo delle situazioni.
L’esperienza le aveva insegnato che i raccomandati non vengono mai minimamente scalfiti e che i fatterelli incresciosi sono pasti fin troppo prelibati, da non cucinare mai per gli ispettori. Possedeva Assunta Serena la saggezza.
Conclusione dei lavori
Gli ispettori avrebbero certificato, in ultimo, la normalità “virtuale” dello stabilimento. Nessun cambiamento, tutto da mantenere in una linea di continuità. Pochi dosati interventi per minimi miglioramenti. Ottimi la reputazione e il giudizio sui dirigenti.
Assunta Serena, più realista del re, conosceva già le conclusioni. Così come sapeva che lei non avrebbe avuto riconoscimenti adeguati alla sua professionalità.
Torno’ a più banali riflessioni su quanto sarebbe accaduto dopo la tempesta ispettiva. Sarebbe tornato tutto come prima, salvo piccoli “regolamenti di conti” con gli eventuali ingenui o impuniti “delatori”, che gli Ispettori avevano prima sollecitato “a collaborare” e quindi provveduto a scaricare per scarso senso di lealtà verso le gerarchie.
Anche quella volta, andò secondo previsione. Soddisfatti per il lavoro svolto (“Che bel rapporto abbiamo scritto!” si gratificarono), i Nostri ripresero la via della Capitale. Il Capo tirò un sospiro di sollievo e con il suo vice si lasciò andare a: “E anche questa è fatta. La promozione è sicura. Per entrambi!”
In virtù del rinnovato marchio di qualità, ripresero le prassi temporaneamente sospese.
Furono riaperti i recinti. Cessata la pioggia, riapparvero tracce di “lumache e crastuna“. Tutti tornarono ad agire secondo natura.
Vita nova
Assunta Serena decise invece di mettere diversamente a frutto questa sua ulteriore esperienza. Stavolta non avrebbe perso l’autobus. Separata di fatto dal marito Max Cavolata, rimasto un inguaribile idealista e sognatore, cominciò a frequentare assiduamente un più tranquillo e facoltoso compagno. Con Fedele Lucrezio, di alcuni anni più anziano, aveva infatti scoperto insospettate affinità.
Oggi ha raggiunto molti degli obiettivi a cui da tempo aspirava. Ha cambiato il suo comportamento lavorativo. Si estranea spesso, fisicamente e mentalmente, dalla scrivania. Ai colleghi, che le chiedono aiuto, dice senza mezzi termini di arrangiarsi, ai superiori non risparmia sarcasmi sulle loro incapacità.
Coltiva i suoi molti interessi. Conduce una vita intensa, fa equitazione, legge di più, va a teatro, viaggia spesso e, contrariamente a prima, non sempre dorme a casa.
Grazie Salvatore per questa esilarante, surreale e molto vera storiella. Aggiungo che nella mia quarantennale carriera ho subito una ispezione ogni 4/5 anni mentre altri colleghi mai. Ogni volta mi davano un giudizio diverso dal precedente per qualche virgola o parolina inframmezzata tra le righe. Quello era il messaggio subliminale che faceva giustizia di tutto. Anche questo durava poco qualche anno e poi voila’ un altro giro di giostra.Un po’una lotteria dove vince sempre chi non gioca! Gerardo