Home Imprese&Lavoro Nella Silicon Valley anche le start up alchimiste del cibo

Nella Silicon Valley anche le start up alchimiste del cibo

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Obiettivo: svezzamento dalla carne

Dopo telefoni, macchine fotografiche e taxi, la Silicon Valley sta cercando di cambiare nel profondo un altro pilastro delle abitudini occidentali: il fast food. Ma non solo. Le startup vogliono rivoluzionare l’intera industria alimentare e per questo stanno raccogliendo centinaia di milioni di dollari da venture capitalist.

Molti startupper sono motivati dal desiderio di svezzare l’umanità dalla carne e da altri alimenti che hanno un grande impatto ambientale e sociale per le emissioni di metano, per l’uso del suolo e dell’acqua, e per il benessere delle persone e degli animali stessi.

«Il sistema alimentare tradizionale è guasto da ogni punto di vista», afferma Seth Bannon, socio fondatore di Fifty Years, un fondo di capitale di rischio di San Francisco, che ha investito in società con tecnologia alimentare. «È terribile per l’ambiente, è economicamente sfavorevole e non è buono per la salute delle persone».

Il rancio della Valle

Il più noto disrupter dell’industria alimentare tradizionale, e anche il più radicale nel suo approccio, si chiama Soylent una startup fondata nel 2013 da un gruppo di ingegneri della Silicon Valley che cercavano di ridurre il tempo e i soldi per comprare e preparare il cibo. L’azienda si è espansa dalla produzione di una bevanda/pasto già pronta (Saturo) a uno snack nutrizionale a forma di barretta denominato “Food bar”. Sia la bevanda che la barretta possono sostituire un pasto tradizionale e sono prive di lattosio, glutine e completamente vegane. La bevanda Saturo è acquistabile su Amazon (anche dall’Italia). È un terzo di litro e contiene 300 calorie pasto.

La startup deriva il suo nome da un romanzo di fantascienza di Harry Harrison del 1966, Make Room! Make Room!, che esplora l’impatto di una crescita eccessiva della popolazione sulle risorse mondiali. Nel libro, un nutrimento fatto di soia e lenticchie, denominato Soylent è usato per nutrire la popolazione mondiale. In una versione cinematografica del 1973, Soylent Green (in it. I sopravvissuti, con Charlton Heston), il tema si è ulteriormente sviluppato nella raffigurazione di un’umanità distrutta dal consumismo con il governo che incoraggia il suicidio assistito. L’unica risorsa di nutrimento è proprio Soylent Green, variopinte barrette nutritive prodotte dalla società Soylent.

Oggi la Soylent company, con sede a Los Angeles, dichiara che il suo progetto intelligente di alimentazione offre una nutrizione completa alla portata di tutti. Una porzione insapore della sua sbobba costa appena 2 dollari.

Liberarsi dalla complicazione del pranzo

«Non sorprende affatto che Soylent sia diventata la beniamina della Silicon Valley e degli sviluppatori di software», afferma Amy Bentley, professore di studi alimentari presso la New York University. Per prima cosa, dice, «elimina l’interazione sociale che il cibo spesso comporta e i tecnologi sono noti per la poca predisposizione all’interazione. Con Soylent non si deve parlare con il vicino, si deve solo mangiare o succhiare». Infatti, munendosi di una cannuccia, si può consumare un pasto sufficiente senza staccare le mani dalla tastiera e gli occhi dal video. È una sorta di condizione ideale per loro.

Ci sono tuttavia dei rischi nel cibo pioneristico come quello Soylent. Due mesi dopo la vendita, Soylent ha interrotto la commercializzazione delle barrette, poiché alcuni clienti hanno dichiarato di aver sofferto episodi di vomito violento. Due mesi dopo ha ritirato, per lo stesso motivo, anche la bevanda nutrizionale Saturo.

Soylent ha dichiarato che i test di laboratorio sono risultati «negativi per patogeni alimentari, tossine o contaminazione esterna», ma un ingrediente derivato dalle alghe ha provocato l’intolleranza. È stata elaborata una nuova formula da cui è assente quel componente. A proposito di questo incidente la Bentley ha commentato:

Stiamo iniziando a conoscere ciò di cui il nostro corpo ha bisogno. Quando proviamo a progettare nuovi alimenti, succede che all’inizio la cosa funziona abbastanza bene. I problemi possono venire dopo.

 

Nel frattempo sono arrivati anche i concorrenti di Soylent, tra cui Ambronite, una bevanda nutrizionale, 100% cibo, il cui produttore, Space Nutrients Station, ha invitato i clienti a «smettere di cucinare e di mangiare come gli astronauti».

L’idea è che Ambronite possa essere un pasto qualsiasi,  —  dice il suo co-fondatore Simo Suoheimo – senza avere la pretesa prendere il posto di qualsiasi pasto.

Carne da vegetali

Ambronite ha ricevuto 600 mila dollari dagli investitori, tra cui il co-fondatore di YouTube, Jawed Karim e Lifeline Ventures, mentre Soylent ha raccolto più di 20 milioni. Ma altre società tecnologiche nel campo alimentare hanno progetti più ambiziosi. Tra queste c’è Impossible Foods. Gli investitori, infatti, hanno messo oltre 180 milioni di dollari in Impossible Foods, una startup che cerca di produrre un sostituto vegetale della carne, una sorta di surrogato dell’hamburger che abbia sapore e odore simile, ma sia di origine vegetale.

Per ottenere questo risultato, patate e noci di cocco sono combinati con l’“ingrediente magico”, il eme, una proteina fermentata derivata dalle piante le cui proprietà culinarie sono simili alla carne.

«Non è possibile portare la gente a smettere di consumare carne», afferma Pat Brown, fondatore e amministratore delegato di Impossible Foods. «Noi riusciamo a trasformare le piante in carne in modo più efficiente e sostenibile degli animali», dice.

Tuttavia, clonare la natura si è dimostrato un’impresa più dura di quanto Brown potesse immaginare. Le ricerche di Impossible Foods hanno già compiuto sette anni e solo ora si sta iniziando a offrire hamburger a ristoranti selezionati e di lusso.

C’è ancora da attendere per avere una produzione su scala commerciale. Nel frattempo una struttura pilota produce cinque quintali di carne sintetica alla settimana. Negli ultimi anni, Impossible Foods ha ridefinito gli ingredienti degli hamburger e ha ridotto i costi di produzione. Precisa Brown: La mucca è una tecnologia molto matura. Ma un enorme vantaggio che abbiamo sulla mucca quando si tratta di produrre carne, è la nostra capacità di migliorarne le proprietà e la qualità sotto ogni aspetto.

Il composto vegetale di Impossible Food ha un sapore identico all’hamburger di carne grazie all’uso del eme, una proteina fermentata, diventato l’ingrediente magico della carne vegetale.

Carne da cellule animali

Un’altra startup, che cerca di mettere a soqquadro la natura, è Memphis Meats. L’azienda della Bay Area sta seguendo un approccio diverso: coltivare carne in laboratorio da vere cellule animali. Uma Valeti, cofondatore e amministratore delegato spiega così l’approccio di Memphis.

 La produzione di carne da cellule animali di Memphis Meat

 

Identifichiamo cellule animali che hanno la capacità di rinnovarsi e riprodursi più velocemente. Alleviamo in vitro quelle cellule che sono le più efficaci nella crescita, proprio come farebbe un allevatore con gli animali.

In ogni caso, c’è l’intenzione finale di rimuovere completamente gli animali da questa sperimentazione.

I precedenti tentativi di produrre la carne in questo modo hanno prodotto hamburger incredibilmente costosi, nell’ordine di migliaia di dollari. Memphis Meats spera di ridurre il prezzo delle sue polpette da 30 euro a grammo a pochi centesimi entro la fine del decennio.

Bannon di Fifty Years, che ha investito in Memphis Meats, definisce questo approccio “secondo addomesticamento”: “Tradizionalmente alleviamo animali per raccogliere le loro cellule e farne cibo o bevande. Ora stiamo iniziando ad addomesticare le cellule stesse.”

Ogni apprezzamento della dieta mediterranea è semplicemente fuori luogo. E pensare che da poco la Food and Drug Administration degli Stati Uniti ha sancito le virtù medicali dell’olio extravergine di oliva, il nostro campione alimentare, per incentivarne il consumo. Valli un po’ a capire gli americani! Enjoy your meal, guys!

 

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