Tempo di lettura: quattro minuti.
L’ Autorita’ per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCom) ha pubblicato nello scorso mese di novembre News vs Fake nel sistema dell’informazione, interessante indagine conoscitiva dei mercati dell’informazione veritiera e dell’informazione falsificata.
Originalità dello studio
E’ la prima volta che viene ricostruito in Italia il quadro generale di questi due emisferi, dai labili confini di separazione, stante la loro interattività. L’originalità dell’approccio è di trattarli appunto come mercati, individuando una domanda e un’offerta per ciascuno di loro, con cicli di vita, funzioni di produzione dei rispettivi prodotti, esposizione a fattori esogeni, come cicli stagionali e cicli politici.
Il lavoro si sviluppa intorno alle tematiche della produzione di informazione e disinformazione, della diffusione e della propagazione on line di notizie reali e false. Come precisato nelle prime pagine del Rapporto, l’obiettivo è quello di “delineare, grazie all’osservazione diretta di milioni di dati, gli scenari informativi che caratterizzano il sistema italiano”, valutando la robustezza del sistema informativo e le performance delle piattaforme online e degli altri mezzi nella produzione e divulgazione di informazione, anche in rapporto a entità, peculiarità e modalità di diffusione della disinformazione.
Il documento sottolinea l’impiego di una metodologia sperimentale, incentrata sull’utilizzo e l’integrazione di 35 milioni di documenti, generati in due anni da 1800 fonti informative e disinformative, gestiti attraverso la specifica piattaforma di analisi di cui si è dotata l’Autorità. Il Rapporto è ricco di indicatori, grafici, tabelle, figure esplicative, che analizzano profili generali ed esempi significativi, attraverso il campionamento di 700 notizie vere e false.
L’affermarsi di fenomeni patologici di disinformazione, come manifestazione del fallimento del mercato, è da attribuire alla dimunizione perdurante degli investimenti in informazione. Essa è causata dalla difficoltà di monetizzarne adeguatamente i contenuti e dalla rapidità di produzione e consumo dell’informazione online. Questi meccanismi incidono su accuratezza, approfondimento e copertura delle notizie. E sono alla base della perdita di reputazione e fiducia nel sistema informativo tradizionale. I cittadini, allora, si affidano sempre piu a fonti alternative e non qualificate, spesso alla base di vere e proprie strategie di disinformazione.
Seguiamo brevemente la scansione delle tematiche attraverso le cinque categorie dell’informazione individuate dal rapporto. Sono “hard news” (cronaca, politica, fatti di rilievo internazionale), “cultura e spettacolo”, “economia”, “scienza e tecnologia” e “sport”.
Produzione dell’informazione
Il confronto sulla funzione di produzione segna un netto vantaggio a favore dei mezzi on line (social, siti dei quotidiani, testate on line). A parità di giornalisti impiegati, essi ottengono una quantità di prodotto maggiore rispetto a quotidiani, radio e tv.
La maggiore attinenza tra titolo di studio dei giornalisti e temi trattati è relativa alle “hard news” e alla“cultura e spettacolo”. Al contrario, gli argomenti di “economia” e “scienza e tecnologia”, che richiedono un maggior bagaglio di competenze specifiche, vedono la presenza di giornalisti specializzati in quote meno significative.
Pertanto, non solo l’informazione specializzata viene offerta in misura più ridotta rispetto a quella generalista, ma è anche prodotta per la gran parte da professionalità meno adeguate.
Paragonando la distribuzione dell’offerta informativa a quella della domanda, per le “hard news” e le notizie di “cultura e spettacolo” si ha eccesso di offerta, mentre per le categorie legate all’informazione specializzata si ha eccesso di domanda.
Produzione, diffusione e propagazione di disinformazione
Tra le osservazioni di maggior rilievo, il rapporto mette in luce che:
a) il volume delle informazioni fake, subisce il livello massimo durante i cicli politici. In corrispondenza con le elezioni politiche del 4 marzo scorso, le quantità prodotte sono state le più alte di sempre, mantenendosi poi su valori maggiori del passato, dopo il picco registrato a maggio.
b) La durata dell’informazione fake è sensibilmente inferiore al ciclo di vita dell’informazione reale, raggiungendo il punto di massimo il giorno dopo la sua diffusione, per poi rapidamente azzerarsi.
c) La brevità del ciclo di vita dell’informazione fake viene accompagnata dal susseguirsi di molte altre notizie della specie. Ciò allo scopo di evitarne approfondimenti, atteggiamento che fa presumere vere e proprie strategie di disinformazione. Il rilancio della fake da parte di utenti, più o meno consapevoli, tramite i social ne accentua la diffusione.
d) Quasi il 60% delle fake riguarda la politica e la cronaca, il 20% i contenuti della scienza e della tecnologia.
Quanto all’utente, egli tende a selezionare le notizie in coerenza con il proprio sistema di credenze. Così si formano le cosiddette echo chambers. Sono gruppi polarizzati di persone con idee simili, propense a ignorare le informazioni discordanti con le loro. I meccanismi di acquisizione ed elaborazione delle informazioni sono quindi dettati non soltanto da fenomeni cognitivi, ma anche, e soprattutto, da pratiche culturali e sociali.
Considerazioni conclusive
Il fenomeno delle Fake News e delle policy di contrasto sono temi che superano i confini nazionali. Intorno ad esse si stanno sviluppando situazioni di condizionamento internazionale, fino a fare della disinformazione lo scenario di guerra più probabile dei prossimi anni. Si veda su questa piattaforma l’articolo di Edoardo Tabasso Geopolitica della Comunicazione.
Il nostro paese ha una condizione provinciale. La questione non è irrilevante per le nostre sorti, perché il tema si riconduce alla minore scolarizzazione della popolazione rispetto ai paesi nostri concorrenti, come dimostra il minor numero di laureati. La condizione crea oggettivamente una maggiore esposizione alle Fake News e al loro più ridotto contrasto critico.
Anche l’affermarsi, prima che in altri contesti europei, di politiche così dette populiste favorisce una maggiore disposizione alla emotività e quindi alla ricettività di affermazioni, prive di adeguati riscontri.
Infine vi è il tema dei mezzi di comunicazione tradizionali. Per contrastare il loro declino rispetto ai nuovi media, essi sembrano portati talvolta a inseguire immediatezza e superficialità delle notizie. Rinunciano a investire in nuove tecniche di narrazione/divulgazione in grado di stimolare una più critica riflessione dei lettori. Le liturgie del giornalismo appaiono in qualche misura stanche e ripetitive. Abbiamo provato a raccontarle nell’articolo “Perché in Italia i quotidiani vendono di meno? Colpa dello spread.”
Ben vengano dunque analisi più approfondite come quella dell’AGCom, affinché, pur nel rispetto del pluralismo dell’informazione, non si determinino derive che finiscano per impattare irreversibilmente sul livello di consapevolezza dei cittadini e di conseguenza su quello della democrazia.
In un recente articolo Massimo Fini mette in luce, a sua volta, i risvolti negativi causati dall’eccessivo utilizzo di piattaforme social da parte di molteplici esponenti politici, che rendono pure instabili e contraddittorie le linee, se risultano chiamati al governo del loro paese (http://www.massimofini.it/articoli-recenti/1818-w-robert-abbasso-i-social).
L’argomento mi ha portato a rileggere un mio scritto dell’aprile scorso, suscitato da “curiose” iniziative che avrebbero voluto portare avanti la Presidente della Camera e la Ministra della Pubblica Istruzione del tempo. Bizzarrie fortunatamente abbandonate. Lo scritto è consultabile su https://laquartadimensionescritti.blogspot.com/2018/04/le-fake-news-in-un-mondo-visto-alla.html