Tempo di lettura: quattro minuti, correndo.
Novembre è tempo di Maratone cittadine. (Tratto dal blog di Filippo Lo Piccolo)
Dopo quest’ultima esperienza, arricchisco il mio bagaglio di un’emozione nuova, mai vissuta in tanti anni di Maratone corse un pò ovunque: passare dal paradiso all’inferno in poco più di un’ora di gara. A Palermo è possibile, ma nonostante tutto, anche questa dura sconfitta mi ha fatto apprezzare il volto sportivo della mia Città.
Le ultime settimane erano filate via abbastanza lisce ed avevo badato a non prendere malanni di stagione.
Gli allenamenti erano stati tirati e mirati soprattutto ad affrontare le lunghe uscite su percorsi difficili, vallonati, con frequenti cambi di ritmo in modo da simulare le difficoltà altimetriche che avrei incontrato in gara. Ho fatto tutto il possibile per arrivare preparato, pur non tralasciando gli impegni familiari. Ed è per questo motivo che sono arrivato alla vigilia senza particolare tensione, se non quella, consapevole, di voler arrivare a podio.
Il “compitino” era semplice: concludere la Maratona di Palermo sotto le 2h e 40′. Non una sfida facile, ma, con un buon allenamento ed un’attenta strategia di corsa, fattibile. Avevo le idee chiare e un clima mite con una lieve pioggerella mi dava tranquillità.
La partenza avviene in leggero ritardo, piccolo neo per un’edizione tra le meglio organizzate. Registro, con una punta di delusione, l’assenza al via del nostro Sindaco.
Visti passare gli atleti più forti (i due keniani chiamati a lottare per la vittoria) ed i migliori specialisti della Mezza (Idrissi, poi vincitore, Bibi, Laudicina e Mazzara), mi sono adagiato sul ritmo a me congeniale, richiamando su di me un folto gruppo che ha preso a seguirmi.
In una gara di endurance, la compagnia ha un ruolo fondamentale per far passare più facilmente i chilometri.
In poco tempo usciamo dal Parco della Favorita e, come tradizione, ci immettiamo direttamente su Via Libertà, verso il Centro storico con le sue ricchezze artistiche tutte da vedere.
Stranamente, mi dico, inizio ad avvertire caldo (il cielo è nuvoloso, ma il sole si fa sentire) e l’aria umida mi porta ad una facile sudorazione. I rifornimenti, fondamentali, sono da prendere tutti perchè è prudente bere tanto per non respingere i continui attacchi della sete.
Inizio a strabuzzare gli occhi (coperti dagli immancabili occhiali da sole, gli Zony Aero Pro), quando attraversiamo l’incrocio, da sempre critico per il traffico, con il Giardino Inglese. Finalmente libero e al sicuro!
Pochi chilometri più avanti, superata la magnificenza della Cattedrale ed entrati nel Palazzo delle Aquile, il gruppo da me trainato con entusiasmo (sul filo moderato dei 3’35”-45″/Km) fa il suo ingresso in Via Roma. Normalmente questa via importante, parallela alle Vie Maqueda e Libertà, restava parzialmente chiusa lasciando ai podisti una striscia asfaltata in modo da non creare troppa “offesa” agli automobilisti.
Quest’anno, con sommo stupore, mi rendo conto dopo poche decine di metri che la strada è completamente chiusa alle auto, consentendoci di correre a centro strada su una sede larghissima.
Che dire? È il momento più bello della corsa. Penso che me ne resterà il più bel ricordo, come se mi trovassi a New York City affrontando la 1st Avenue!
Rientrando su Via Libertà, affiancando prima il Teatro Massimo e successivamente il Politeama, avverto la partecipazione di un tifo preparato, d’effetto e d’affetto. Lasciate alle spalle le bellezze artistiche, si rientra verso il Parco ed inizia la lunga ed inesorabile salita.
Io, sempre determinato, quasi euforico, seguo il migliore del gruppo, che man mano si sgretola. Con malcelata soddisfazione, noto che anche un runner lombardo, un potenziale contendente, da’ segni di cedimento. Palermo contro Milano! Uno a zero! E vai! Preso dall’entusiasmo, cerco un po’ di frescura sotto gli alberi, spingo il ritmo a 3’40″/Km, ritrovandomi a tre chilometri dal traguardo della mezza maratona, con un solo compagno di via, un atleta della Podistica Messina. Ale’ Sicilia!
Il passaggio a metà gara non è dei migliori, ma lo accetto di buon grado, visto che da quel momento in avanti so di trovarmi da solo a correre contro le avversità altimetriche. E’ trascorsa 1h18′ e via verso Mondello!
Bevo da una bottiglia preparata la mattina, con tanto miele e sali minerali. Magnesio, potassio su acqua leggermente frizzante. È ciò che solitamente bevo in allenamento. Mi da’ sicurezza la mia pozione naturale e magica. Stranamente avverto che quell’acqua, rimasta con me per circa due ore, è divenuta tiepida. Perché? mi chiedo.
Eppure mi sembra che ci sia abbastanza fresco nell’aria. Il mio completo da corsa è intriso di sudore, ho bevuto ad ogni rifornimento con reale necessità… non riesco a capire quanto sia calda l’atmosfera! C’è qualcosa che non va nel mio termostato. Mi sfiora per un attimo il pensiero.
L’entusiasmo c’è ancora, da vendere, ma non riesco a ripartire allo stesso ritmo, al secondo giro, nel tratto di discesa che dura non meno di tre chilometri. Non capisco. Mi sto facendo troppe domande, forse.
Il percorso rientra sul tracciato della mezza maratona. Ritrovo tanta e tanto colorata compagnia, attraversando di nuovo il Parco della Favorita, che mi fa sentire sollevato.
Ma la sensazione dura poco. Avverto di non riuscire a tenere i 4’/Km e continuo a sudare, sentendo il vento sempre più freddo dentro la pelle, man mano che gli alberi mi affiancano, infittendosi. In quel primo momento di difficoltà, ecco un primo “movimento di stomaco”, che rende reale il disagio.
Debbo resistere, non voglio abbattermi, so che poco più avanti inizia la lunga discesa che porta a Mondello e che avrò tempo e modo di recuperare. Il freddo, invece, inizia a picchiare sullo stomaco.
Giunti all’inizio della spiaggia, ormai il terzo posto è andato, sorpassato con facilità dal bravo podista lombardo, che mi ha ripreso, e che normalmente veleggia su questi tempi.
Il rettilineo del Lido di Mondello non finisce più. Mi impongo di distrarmi guardando le persone che passeggiano distese sulla spiaggia, giocando con i cani. Le strade disertate dalle auto poi sono sempre un attraente spettacolo. Se mi fermassi, potrei godere a pieno di quella silenziosa e rassicurante beatitudine. Mi colpisce la noncuranza di alcuni passanti verso di noi e la nostra fatica, quasi fossimo invisibili. Due mondi separati che non comunicano. Com’è possibile una indifferenza così ostentata verso il nostro sforzo di valorizzare Mondello, Palermo, la Sicilia tutta? Che assenza di spirito sportivo!
Ma è inutile perdersi dietro queste divagazioni! Sono ormai cotto, le gambe non reggono più e mancano ancora 10 durissimi ed estenuanti chilometri. Dove trovo le forze? So che non mi devo abbandonare a quella sensazione di scoramento. Altrimenti è finita. Mi affido al “meccanismo di protezione” della mente che mi impedisce di fermarmi, che mi dice che devo resistere, per orgoglio, per non fare una fine ingloriosa.
Ma ho solo voglia di scappare in bagno ed invece mi aspetta una impegnativa ed infinita salita.
Continuo ad idratarmi, cosa che peggiora la crisi intestinale, che cresce di potenza. La gente continua ad incitarmi con affetto, a darmi aiuto come può, ma la salita di Mondello si fa sempre più pesante.
Con un enorme sforzo di volontà, pian piano scollino, pian piano raggiungo la Palazzina Cinese, Villa Niscemi e, ormai prossimo al quarantesimo, mi accosto al bagno, con discrezione e celerità. Da record, almeno quello.
Sto un po’ meglio, ma mestamente mi dico “adesso andiamocene a casa” e continuo sul piede dei 4’40″/Km verso il traguardo. Perdo qualche secondo per il pubblico, che mi applaude, mi sostiene, ha capito che qualcosa non è andata per il verso giusto e mi inchino per loro. Alzo le braccia. È la mia vittoria. Mi sembra giusto. L’edizione della Maratona di Palermo, la meglio organizzata da sempre, merita il riconoscimento anche del mio corpo ormai svuotato di energie.
Se non fosse ancora chiaro, il crono si ferma ad un avvilente 2h 49′ 07″ e quarto posto assoluto. Medaglia di legno. Per un atleta sempre il peggiore dei risultati. Meglio finire nelle retrovie.
Anche il secondo keniano giunto al traguardo non se l’è passata bene con un modesto, per lui, 2h e 26′ e man mano che arrivano tutti gli eroici finisher mi rendo conto delle dimensioni delle nostre imprese e delle vicissitudini personali di ognuno di noi.
Le premiazioni di categoria si fanno aspettare. Io passo il tempo a sciogliere i crampi ed a reidratarmi, bevendo tanto e tremando per il freddo. Una Maratona vissuta così male prima d’ora non mi era mai capitata e come al solito il clima caldo umido mi ha dato il colpo di grazia.
Ma quanto di buono ha realizzato l’organizzazione va evidenziato, con il tracciato di mezza maratona veramente leggero e filante senza inutili giri di boa e, come non ribadirlo, completamente chiuso alle auto. Per la prima volta mi sono sentito padrone della mia Città, dentro a una manifestazione internazionale dove il running per una domenica ha soverchiato tutti gli altri sport.
Mondello è croce e delizia di una Maratona veramente tanto, troppo dura. Ma unica, da sogno, anche se “non per fare il tempo”. Forse da correre a dicembre, anche a rischio pioggia. Io chiudo la mia terza esperienza in modo drammatico, ma sono già a promettere: cara mia Città, il prossimo anno mi vedrai nuovamente al via, per “vendicarmi di te”.
P.S. Le foto a corredo dell’articolo sono state realizzate e concesse da amici fotoamatori aderenti in gran parte all’UIF – Unione Italiana Fotoamatori. Altre foto della XXIV edizione della Maratona Città di Palermo sono visionabili nel blog https://maratonadipalermo.blogspot.com/