In conclusione, la Biennale si presenta come un piacevole giro del mondo non in 80 giorni, ma in poche ore. Altri hanno scelto per il visitatore quel che merita essere visto.
Certo rimangono sullo sfondo i grandi temi che agitano l’agenda politica contemporanea: inquinamento, grandi opere, nuovi materiali per costruire, cambiamenti climatici. Come pure si registrano presenze con progetti di rango minore a partire dalla Cina che potrebbe dare ben altri contributi a proposito di architettura, sviluppo economico e sostenibilità.
L’interesse è però garantito perchè, quelli presentati, sono temi che riguardano la nostra vita quotidiana e il desiderio di vivere in luoghi se non belli almeno funzionali alle esigenze individuali e collettive.
Al centro dell’architettura come raccontata a Venezia ho visto l’uomo di oggi con i suoi desideri e le sue preoccupazioni. Una rassegna di progetti molto concreti e per nulla utopistici. 71 paesi partecipanti con propri padiglioni oltre a un’ampia scelta di eventi collaterali sparsi per la città hanno provato a dare risposte e ci sono riusciti. Un esempio da tenere in mente per chi si occupa di altre professioni dell’ingegno umano.
Una mostra, un’esibizione per quanto bella finisce e rischia di svanire nel ricordo. Ed allora più che un bilancio vorrei offrire una prospettiva per il futuro del nostro Paese, ricavando alcuni insegnamenti da ciò che ho visto. E cioè che l’architettura deve entrare a pieno titolo nella nostra vita sociale ed economica, più dello spread che riempie pagine e pagine di giornali o più dei discorsi delle Autorità intrisi di autoreferenzialità. Gli uni e gli altri hanno sempre meno lettori ed ascoltatori per manifesta assuefazione e noia.
L’Italia a Venezia si è presentata in tono minore. Nonostante le lodevoli intenzioni rimangono sottotono sia il padiglione Venezia sia quello Italia. Nel primo si illustra un progetto di digitalizzazione di documenti della storia di Venezia, nel secondo si presentano 8 itinerari di gite turistiche in piccoli borghi della nostra penisola. Un pò come le gite del FAI in primavera. Più turismo e meno architettura: non ho capito il perchè di tale scelta. Come se il nostro paese negli ultimi anni avesse maturato una sorta di specializzazione produttiva nell’occupare spazi con tutto l’orrido che conosciamo: B&B, navi da crociera, ristoranti slow&fast, cattedrali della grande distribuzione. Peccato, è stata una occasione persa, in fondo giocavamo in casa.
Questa assenza di progettualità è preoccupante e mi auguro che non sia così.
L’attenzione per il futuro va posta su come viviamo nel nostro ambiente e su come dobbiamo migliorarlo, senza fare esclusivo affidamento su megaprogetti che spesso hanno tempi biblici di attuazione (MOSE a Venezia) o sono oggetto di contestazioni (TAV e Olimpiadi).
E’ una visione forse minimalista, ma attualissima se pensiamo a come sono cambiate le nostre citta’. Luoghi che non sono piu’ solo nostri, ma che sono da condividere con turisti, migranti, poveri e l’apertura incontrollata di esercizi commerciali. Non ci limitiamo ad usare lo spazio, ne abusiamo in misura mai capitata prima.
Le città come le abbiamo vissute finora sono mutate in aggregazioni con incerti confini amministrativi. Le pressioni degli insediamenti urbani hanno preso il sopravvento su esigenze ordinate e controllate di sviluppo. In molte aree, queste istanze hanno travolto l’esistente e prospettano nuovi scenari di dubbia validità.
Il pensiero corre anche agli eventi drammatici che hanno interessato alcune nostre storiche istituzioni, che per ragioni di prestigio, piuttosto che di funzionalità, occupavano grandi edifici nei centri cittadini, come le banche. Causa fallimenti, fusioni e chiusura di sportelli, all’improvviso e in poco tempo, quegli edifici sono stati abbandonati e rimangono chiusi. In banca la gente ci andrà sempre meno, grazie a tablet e telefonini. La chiusura di questo imponente patrimonio immobiliare suggerisce di riutilizzare questi spazi. Anche questa e’ una sfida che richiede risorse, idee e coraggio per una possibile trasformazione/riqualificazione.
Ho scelto questa torre panoramica fatta di porte vecchie distrutte da calamità naturali a ricordo di tante banche che, invece, hanno distrutto risparmio e territorio, lasciando spazi liberi. Ripartire in tante zone di Italia significa utilizzare quel che abbiamo e quel che è rimasto proprio come dopo una calamità naturale.
Più in basso un’altra foto legata con una sorta di filo rosso alla torre. E’ una delle sedi prestigiose del Monte dei Paschi in pieno centro a Firenze. Oggi è malinconicamente chiusa perchè non serve più, ma ha ancora il passo carrabile ben in evidenza, come invito ad entrare. È un’immagine emblematica di grandi spazi architettonicamente da recuperare, ben sapendo che difficilmente torneranno agli usi del passato.
E’ proprio vero pensavo uscendo dalle Corderie dell’Arsenale che siamo pieni di spazi vuoti e liberi, chiusi e non rivitalizzabili e nessuno sembra curarsene.
Desidero chiudere con alcuni passaggi del Manifesto della Biennale 2018 su che cosa sia l’architettura che potremmo usare nelle nostre città, di Yvonne Farrel e Shelley Mac Namara, curatrici della Mostra.
“Palazzo Medici Riccardi a Firenze rappresenta potere e ricchezza, ma le sedute di pietra che disegnano la maestosa facciata esterna quasi rovesciano l’edificio. Così l’imponente parete esterna rappresenta anche un muro che racchiude uno spazio pubblico. La struttura solida sembra volgersi all’esterno assumendo un carattere generoso.
Siamo convinti che tutti abbiano il diritto di beneficiare dell’architettura. Il suo ruolo, infatti, è di offrire un riparo ai nostri corpi e di elevare i nostri spiriti. La bella parete di un edificio che costeggia la strada dona piacere ai passanti, anche se non vi entreranno mai.
Lo stesso piacere è dato dalla vista di una corte attraverso un portale ad arco o un luogo nel quale trovare un punto di sosta per godere di un po’ di ombra o una nicchia che offre riparo dal vento o dalla pioggia. Ciò che ci interessa è andare oltre ciò che è visibile, enfatizzando il ruolo dell’architettura nella coreografia della vita quotidiana.
Noi consideriamo la Terra come un Cliente. Questa visione implica una serie di responsabilità a lungo termine. L’architettura è il gioco di luce, sole, ombra, luna, aria, vento, forza di gravità con modalità che rivelano i misteri del mondo e tutte queste risorse sono gratuite.”