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Il rinnovo delle alberature urbane: logica del confronto, non dello scontro

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Tempo di lettura: tre minuti.

Riprendo una mia riflessione fatta lo scorso anno, integrandola e espandendola alla luce dei fatti recenti.

Devo premettere che non ho nessun interesse a fare il difensore di ufficio di nessuno, né a fare polemica solo per il gusto di farla, ma nei commenti ai fatti accaduti negli ultimi due giorni e che hanno visto la morte di alcune persone, per la caduta di alberi in città, pare che tutti abbiano la soluzione in tasca, a prescindere dal fatto che conoscano o meno gli alberi e le ragioni vere del loro collasso. Si veda altro mio articolo di ieri su questa piattaforma dal titolo Cronaca di una morte annunciata.

Io gli alberi non li abbraccio. Non ci parlo e non li ascolto. Non ne ho la capacità. Però li guardo. Attentamente. Ed è come se ci parlassimo. E mi dicono che spendiamo soldi in ricerche faraoniche che non hanno nessuna ricaduta reale e poi non siamo capaci di far sopravvivere un albero perché non lo irrighiamo dopo l’impianto, oppure perché pensiamo che gli basti un metro cubo di terra per sopravvivere o perché li massacriamo con le capitozzature, perché così si ringiovaniscono e tornano più vigorosi di prima”…

Einstein ha detto che «Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose”. E il Mahatma Gandhi che “La Vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia.” 

Queste due citazioni mi vengono sempre in mente quando sorgono le diatribe dopo incidenti mortali legati agli alberi, non basate su un’analisi corretta delle diverse situazioni.

Ho sempre sostenuto (e ancor più lo faccio adesso) che non si può dire: abbattiamo tutto e ripiantiamo tutto, ma neanche teniamoci tutto a prescindere, facendo finta che certi individui arborei non siano ormai solo fonte di carbonio, che spesso rappresentino un rischio e che non c’è ragione che giustifichi i costi gestionali per mantenerli. Dobbiamo quindi pianificare un rinnovamento di lungo termine, basato su criteri tecnico-scientifici, perché i nostri alberi siano più resilienti e possano massimizzare i benefici prodotti.

Vorrei che prevalesse il punto di vista della dialettica, anziché quello dell’imposizione delle proprie idee, senza il supporto di serie argomentazioni. Ciò che spesso manca è il confronto fra opinioni, in luogo del protagonismo verso l’antagonismo. Sapendo anche che non esiste una soluzione unica applicabile alle diverse e composite situazioni urbane: un albero in un viale è diverso da un albero in un parco.

È chiaro che devono esistere opinioni diverse, altrimenti si rischia il conformismo e la pigrizia intellettuale, ma affinché ci sia vero confronto il presupposto è la condivisione di basilari criteri di riferimento idonei a favorire la reciproca comprensione. E, soprattutto, appare indispensabile che chi si riconosce nella logica del confronto (non in quella dello scontro) manifesti la disponibilità a rivedere le proprie decisioni, ove riconosca, magari non subito, i motivi delle altrui determinazioni.

Iniziamo un dialogo realmente costruttivo e di buon auspicio per avere, nelle nostre città, sempre più alberi, alberi adatti, alberi più sani, alberi opportunamente localizzati, alberi gestiti al meglio!

A coloro che vorrebbero lo sterminio degli alberi a seguito degli eventi luttuosi, spesso veicolati male dalla stampa, dico che questi morti (ai quali va tutto il mio rispetto e il cordoglio alle famiglie) sono in media d’anno pari a cinque, ma fanno molto più rumore degli oltre 90.000 causati, sempre annualmente, dalle malattie da inquinamento.  

L’Italia è infatti tra i peggiori paesi europei per inquinamento atmosferico, come rivela il rapporto “La sfida della qualità dell’aria nelle città italiane” presentato al Senato dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile.  Il mezzo di contrasto più efficace, economicamente e ambientalmente, sono sicuramente gli alberi.

Se ci domandassimo quante vite potrebbero essere salvate se ne avessimo di più, avremmo un’opinione diversa degli alberi nelle nostre città. Piantiamone a non finire, ma facciamolo con progetti di lungo termine, mettendoli al posto giusto. 

Termino con il motto della International Society of Arboriculture:

RENDIAMO IL MONDO MIGLIORE, UN ALBERO ALLA VOLTA!

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