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È difficile dire se lo scontro tra Commissione europea e Governo italiano sul deficit/debito pubblico sia arrivato al punto da essere risolto chiamando direttamente in causa il risparmio privato degli italiani. La crescita ulteriore dello spread, impattando sugli attivi delle banche, pieni di titoli di stato, causerebbe decurtazioni nei loro patrimoni, incidendo sulla loro stabilità.
Le conseguenti crisi di singoli intermediari creerebbero condizioni di incertezza e sfiducia con turbolenze sul mercato dei depositi, la cui protezione non vede operanti schemi di tutela europei. Infatti, questa terza gamba dell’Unione Bancaria, dopo la creazione della Vigilanza Bce e dei meccanismi di risoluzione delle crisi degli intermediari sistemici, è ancora di la’ da venire.
Cio’ detto, potremmo ripercorrere la storia bancaria italiana degli ultimi dieci anni come una sorta di gioco dell’oca, nel quale si è troppo spesso girato intorno ai problemi, senza percorrere strade lineari, facendoci trovare di fronte a default bancari inaspettati e irreversibili, con distruzione di risparmio e minore credito bancario all’economia.
È indubbiamente mancata una visione di sistema
Lo dimostrano i ritardi nell’affrontare il coacervo dei crediti anomali (manteniamo il primato a livello europeo), le soluzioni, affannose e costose, dei dissesti (fallimento delle banche popolari venete e di altre, numerose banche locali), le scelte tuttora non risolutive (questione Mps) e le riforme non completate a distanza di anni dall’avvio (credito cooperativo). A posteriori l’unica chiave interpretativa di questa storia bancaria sembra essere stata quella del prendere tempo, senza anticipare nessuno dei problemi strutturali del sistema (basso livello di concentrazione, elefantiaco sistema distributivo, limitate spinte tecnologiche e di apertura all’innovazione).
Se non bastasse, pende, come detto, sulle banche, la spada di Damocle del debito pubblico, costante assillo dei governi. Purtroppo anch’esso mai avviato a soluzione, in quanto gestito tatticamente con l’obiettivo del rispetto anno per anno del deficit. Cioè senza affrontare strutturali carenze (in primis l’evasione fiscale e contributiva), che non ci rendono particolarmente simpatici ai nostri condomini europei.
Il risultato, paradossale ma prevedibile, è stato che il suo contenimento entro i ristretti limiti consentiti dall’Unione, invece che ridurre, ha fatto crescere il debito pubblico di quasi 400 miliardi negli ultimi quattro anni, a causa del perverso gioco degli interessi, in una spirale sempre piu’ vorticosa. Si veda su questa piattaforma anche Il patto non scritto sul debito pubblico italiano.
Ma torniamo alle banche
Oggi, come ha ricordato Savona a Draghi, la responsabilità della vigilanza sulle banche sistemiche europee è affidata alla Bce e, per le italiane, non è più prerogativa della Banca d’Italia. E se la situazione è così preoccupante, come si dice, perché non è dato sapere quale politica è pronta per le nostre fragili banche, per evitare problemi di stabilità finanziaria? Cosa che, da che mondo è mondo, si consegue riducendo i rischi (e accantonando di più) e aumentando la redditività (cioè diversificando i ricavi e contenendo i costi). Se ciò non fosse possibile a livello di singoli intermediari, dobbiamo aspettarci consolidamenti forzosi, acquisizioni dall’estero di nostri primari istituti, imposizione di più drastiche modalità per diluire il portafoglio dei crediti malati e dei titoli di stato a rischio, decretazione della fine di improbabili riforme? O che altro?
Siamo tutti d’accordo che al gioco dell’oca non possa sostituirsi quello del muro contro muro.
Ma è anche vero che le dichiarazioni delle massime autorità fanno il mercato e vorremmo capire meglio quali strategie porteranno a difesa del nostro risparmio bancario.
La questione sembrerebbe riguardare soprattutto le istruzioni del gioco.
Quando si è obbligati a partecipare, specie se si tratta di un nuovo gioco, fondamentale è leggere preventivamente il foglio allegato che si trova nella scatola.
Solo dopo aver letto attentamente le regole e averle assimilate, può avere un senso lo sperare di poter avere le stesse possibilità di chi lo ha inventato o di chi da lungo tempo lo pratica.
Noi italiani, invece, come di solito, perché popolo d’intelligenti, ci adattiamo sempre al nuovo e alle nuove compagnie con la presunzione di poter apprendere tutto subito, senza correre rischi …… salvo poi trovarci obbligati a ricorrere a ripari senza però possibilità di recupero.
Più che masochismo sembrerebbe stupidità generalizzata nelle variegate componenti sociali e organizzative che ci caratterizzano. Sigh!