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Molte questioni stanno emergendo in questo primo scorcio di ottobre, votato alle lezioni di educazione finanziaria in tutta Italia.
Una domanda ritorna in tutta la sua epica attualità. Come stanno veramente le banche italiane? Il mainstream e’ che hanno recuperato e siano ormai in sicurezza.
Apprendo, tuttavia, da un’audizione parlamentare della Banca d’Italia sul Def che un aumento dello spread sui titoli di Stato genererebbe seri rischi per il loro patrimonio. Sono solide, ma fragili. Gli Npl sono in calo, ma il credito non riparte. Questione di domanda, si dirà. Perché se fosse questione di offerta vorrebbe dire che esse banche non hanno sufficiente patrimonio per affrontare nuovi rischi. Solide, fragili e ferme nel loro business principale per prudenza. I depositi invece, senza essere impiegati, aumentano a vista d’occhio. Solide, fragili, bloccate, ma piene di liquidità. Forse semplifico troppo, ma la sostanza non è molto distante da questa rappresentazione. Senza dire dei processi ancora in corso di riforma e consolidamento.
Apprendo anche che la riduzione del 30 per cento del valore di borsa delle banche quotate, da maggio a oggi, solo per il 4 per cento e’ dovuta all’aumento dello spread sui BTP. La parte restante pare attribuibile al coacervo dei problemi che hanno e che lo spread ha solo esacerbato. Questa analisi, come ovvio, ha un approccio diverso da quello richiamato nell’audizione della nostra banca centrale.
In sintesi, possiamo immaginare che le banche rimangono un punto debole della nostra economia.
Emergono quindi questioni sostanziali sulla intermediazione bancaria nel nostro Paese dopo i dissesti degli anni passati, il QE della Bce ormai al termine e la vigilanza prudenziale europea pronta a intervenire con rigore sulle nostre fragilità. Oggi le banche italiane sembrano esistere per lo più per mantenere se stesse considerato che i filoni principali di business si sono inariditi. In sintesi una banca oggi funziona cosi. Riceve soldi dai risparmiatori sotto forma di conti correnti e fa tutto tranne che passarli all’economia. Li tiene fermi nei propri forzieri o compra titoli di Stato con il rischio di imbarcare minusvalenze o li classa presso la propria clientela per sfruttare la leva del commissioning, che, in forte crescita, si estende anche ai prezzi dei servizi resi in conto corrente. Questo per l’intermediazione. Per i servizi digitali di pagamento, come piu’ volte ricordato su questo sito https://wp.me/p9VvCK-Yv, siamo invece bloccati agli ultimi posti tra i paesi europei.
Questa situazione puo’ essere agevolmente affrontata dal singolo consumatore o risparmiatore, perché dare a una banca i propri risparmi affinché compri titoli di Stato che saranno falcidiati dallo spread puo’ essere evitato. Si possono comprare direttamente senza il pericolo di incapparci, perché sembra abbastanza improbabile una qualche dichiarazione di default dello Stato italiano nei prossimi due/tre anni. Il risparmiatore non e’ tenuto ovviamente all’osservanza del principio contabile del mark to market. Non ha l’obbligo di svalutarli e può aspettarne il rimborso integrale alla scadenza.
Nel mese dell’educazione finanziaria dovremmo quindi far capire al pubblico che le banche sono oltremodo costose e rischiose quando l’economia non tira e decidono di finanziare la voragine del debito pubblico, cosa che potremmo fare direttamente noi cittadini senza intermediari.
Queste suggestioni appaiono ancor piu’ accattivanti e pertinenti per la recente commemorazione a Lanciano, sua citta’ natale, del prof. Marcello De Cecco, con l’azzeccato titolo Mani visibili. Egli e’ stato un eminente accademico e un indimenticabile studioso di economia e finanza internazionale. Fu tra i primi a osservare che la Banca Centrale Europea nasceva senza le prerogative di ogni banca centrale, quella di essere prestatore di ultima istanza, proprio per poter intervenire a mitigare il rischio di spread troppo elevati tra i vari paesi dell’Unione. Sul palco degli oratori a celebrare il profilo internazionale di un grande italiano spiccavano, quasi esclusivamente, esponenti della Banca d’Italia e personalita’ della sua terra natia.
Ho conosciuto il Professore molti anni addietro, quando con alcuni amici stavamo scrivendo un libro sulla teoria dell’intermediazione creditizia, che, una volta pubblicato, ebbe una certa diffusione nei corsi universitari di banking. La novita’ consisteva nel proporre una serie di letture di economisti che avevano elaborato la teoria delle asimmetrie informative nel credito e altre peculiarità della banca. Erano studiosi come Akerloff, Fama, Stiglitz e altri.
Ebbe la voglia e la pazienza di seguirci, indicandoci la strada di come collegare i contributi scelti per l’antologia e come calarli su un paese come il nostro ricco di banche, ma senza un mercato di capitali adeguato.
Il ricordo che ho dopo tanti anni e’ la sua capacita’ di distaccarsi dai fatti per analizzarli e approfondirli con indipendenza. L’autorevolezza che aveva era indiscutibile perche’, oltre che sulle sue conoscenze, poggiava sulla sua autonomia di pensiero. L’insegnamento che mi ha lasciato e’ questo.
E il suo pensiero sarebbe in questo momento molto utile per aiutarci a fare chiarezza nella confusione che da tanta parte si leva a discettare di cifre e di rapporti tra crescita economica e stabilità bancaria e finanziaria in furiosi dibattiti, nei quali si smarrisce spesso il senso del nostro futuro. Sarebbe probabilmente la più bella lezione di Educazione finanziaria che potremmo ricevere.
Professor De Cecco, avvertiamo in tanti la sua mancanza.