Tempo di lettura tre minuti, di osservazione quanto volete.
Qualche tempo fa ho avuto il privilegio di essere presente alla inaugurazione della bellissima mostra “Henri Cartier-Bresson Fotografo” allestita al GAM di Palermo a cura di Denis Curti.
Nella galleria d’innumerevoli splendide foto di uno dei maggiori maestri della fotografia moderna era però severamente vietato fotografare e tanti addetti attenzionavano i visitatori perché non violassero quella regola.
La mia foto di copertina mostra nella sua concretezza il paradosso concettuale del divieto. Il divieto di fotografare le foto di un grande fotografo. Esilarante ossimoro! Non trovate?
Nonostante sia in vigore la normativa del ministro Franceschini, che consente di fotografare le opere d’arte presenti nei musei, è ancora ammesso il divieto di ritrarre le opere esposte al pubblico, pure in eventi direttamente promossi e sponsorizzati da enti pubblici.
Ora, chi non conosce le opere di Cartier-Bresson? E fra i tanti appassionati di fotografia, quanti sono coloro che non posseggono almeno un libro fotografico che raffigura le sue opere?
Sarebbe così difficile ricercare oggi anche nel web le sue foto e scaricarle per usi didattici o soltanto per diletto personale?
Che senso ha, al giorno d’oggi, tutelare il diritto d’immagine di fotografie che costituiscono patrimonio culturale comune?
Capisco l’importanza della tutela del diritto d’autore per scopi commerciali, ma i divieti imposti dagli eredi in eventi sponsorizzati anche da denaro pubblico, proprio no.
Del resto, l’interesse di ciascun fotografo che visita tali mostre non è quello di riprodurre fotograficamente l’opera esposta, bensì quello di catturare l’atmosfera che pervade l’ambiente, di fotografare magari occasionali visitatori associandoli al contesto evocativo che ne fa da sfondo.
Perché vietare questo tipo di foto allora?
Verrebbe da dire, fatevi queste mostre solo da privati e fra privati e non richiedete sovvenzioni pubbliche per le vostre iniziative.
Da una più libera fruizione delle foto verrebbe nocumento alla collettività?
Direi di no, anzi proprio no. Perchè gli interessati spenderebbero sempre e volentieri per vedere una bella mostra, come questa.
Gli amanti delle cerimonie forse no, attirati irresistibilmente soprattutto dal presenzialismo e da altri elementi di contorno della mostra.
Per inciso, ad evento appena iniziato, un gran numero di “visitatori ad invito” si affollavano lungo le pareti, impedendo quasi di vedere le foto esposte. Dopo una ventina di minuti però miracolosamente la folla è scemata ed è stato possibile godere con ogni comodità delle opere in mostra.
Che cosa era successo? Semplicemente era stato dato il via al buffet all’aperto e la massa degli “invitati” si rivolgeva ora con maggiore interesse all’aspetto culinario della faccenda.
Fra i presenti figuravano tanti personaggi della Palermo bene che a vario titolo erano stati invitati alla inaugurazione della mostra. Anche questa sarebbe stata una fotografia del mondo reale, alla Cartier-Bresson per intenderci, raffigurante “la società degli invitati” (fra i quali casualmente mi ero imbucato) assai diversa da quella che si sarebbe potuta fare l’indomani, alla presenza di gente normale, quella, sempre per intenderci, che avrebbe pagato il suo lauto biglietto d’ingresso.
I titoli che Henri Cartier-Bresson avrebbe potuto scegliere per le due foto sarebbero stati forse: “V.I.P. e imbucati – Ingresso free” per la prima, “Gente comune – Ingresso a pagamento” per la seconda.
Buona luce a tutti!
N.B. A scanso di equivoci, tutte le foto utilizzate per questo articolo sono state acquisite fra le immagini free pubblicate su Internet. Possiamo quindi godercele gratuitamente.