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Marcello De Cecco (1939-2016)
Mani visibili è il titolo icastico delle giornate di studio Marcello De Cecco che, alla loro seconda edizione, si terranno dal 28 al 30 settembre a Lanciano (Chieti), città di origine dell’economista scomparso nel 2016. È senza dubbio un evento rilevante per la cultura economica e civile, celebrato in ricordo dell’ insigne studioso tanto per gli argomenti prescelti quanto per i nomi di coloro che interverranno nei dibattiti.
Economia&Finanza Verde®️ suggerisce di seguirne i lavori. Quanto a me replico qui il breve ricordo di lui che scrissi all’indomani della scomparsa, per esserne stato allievo:
“È scomparso in settimana Marcello De Cecco, economista, professore, opinionista di fama internazionale.
Ne voglio brevemente ricordare la figura di professore poco più che trentenne all’Universita’ di Siena, quale relatore della mia tesi di laurea nel lontano 1973. Argomento: teoria dei salari, excursus del pensiero economico sui fondamenti analitici della politica dei redditi, allora al centro di ogni dibattito sulla distribuzione del reddito e sul costo del lavoro in Italia.
Era infatti da poco uscito un suo articolo sull’applicazione della teoria ricardiana al mercato del lavoro, che, diversamente dai suoi studi prediletti di economia monetaria, lo vedeva interessato ad analizzare le peculiarità della situazione italiana, che già escludeva dal mercato parti rilevanti dell’offerta di lavoro.
Il suo rigore si manifestò subito, imponendomi la lettura in versione originale inglese di due opere di particolare complessità quali The theory of wages di J.R.Hicks e The theory of unemployment di A.C.Pigou, prima di affrontare la Teoria generale di J.M.Keynes. Quando, dopo molti mesi, gli portai da leggere le mie faticose riflessioni, mi disse, senza mezzi termini, che gli ricordavano gli spezzoni attribuiti ai poeti frammentari dell’antica Grecia. Quelli, per intenderci, dei quali si erano ritrovati mezze frasi, spesso prive di senso compiuto, distribuite su qualche coccio.
In altre parole, mi diceva che in quello che avevo scritto non si capiva molto e che mancavano importanti collegamenti. Mi aiutò a rimettere insieme il tutto. Capì e premiò il mio sforzo, facendomi avere, dopo la laurea, una prestigiosa borsa di studio all’estero.
Dopo molti anni mi mise in imbarazzo presentandomi ad un altro professore come l’estensore della migliore tesi seguita nel corso della sua carriera accademica.
Ricordo le sue fulminanti battute discutendo di argomenti allora in voga, sull’onda lunga del Sessantotto, come le teorie economiche e il pensiero politico di Marx. ‘Ma che aspettate, ci disse una volta, a lasciare in pace una volta per tutte quel vecchio?” O quando in un convegno apostrofò il relatore che, precedendolo, aveva sottolineato il poco peso del nostro paese nel contesto economico mondiale : “Il professore, iniziò, viene dalla Svizzera e chiama l’Italia un piccolo paese!”. Venne giù il teatro dagli applausi.
Aveva un grande amore per la sua terra e soffriva nel vedere le italiche piaghe. In jeans e scarpe da tennis entrava, quale consigliere, alle riunioni della deputazione del Monte dei Paschi. Per anticonformismo, in linea con la sua autonomia intellettuale, non per mancanza di rispetto. Quando venne Pertini in visita alla banca senese, mi disse che era stato l’unico degli esponenti a portare con sè e a presentargli la moglie, cosa del tutto naturale nei contesti istituzionali internazionali.
Era orgoglioso della carica che aveva nel board dell’Italian International Bank, allora partecipata estera dell’Istituto senese, che gli consentiva di seguire le operazioni di finanza internazionale sul mercato di Londra, coniugando conoscenze teoriche e prassi operative. Si rammaricò quando, per qualche alchimia politica, fu sostituito da persona di ben minore caratura.
Anni dopo mi disse con orgoglio di essere stato invitato a Princeton, e aggiunse: dove ha insegnato Einstein!
Il suo approccio storico-istituzionalista lo pose sempre in posizione critica verso una disciplina economica che, sviluppando metodi quantitativi a dimostrazione delle primato del mercato perfetto (il sistema delle mani invisibili), avrebbe presto aperto la strada al dominio della finanza, dei suoi algoritmi e dei suoi eccessi. I suoi studi furono sempre rivolti al funzionamento delle istituzioni e alla spiegazione degli interessi in gioco (le mani visibili dell’economia, appunto).
Ricordo il suo sorriso, quasi un singulto ripetuto, ironico e divertito di fronte a qualche aneddoto che dava ragione alle sue riflessioni e alla sua illimitata curiosità. Ma anche al suo scetticismo. E la sua faccia larga e simpatica e i baffoni scuri, che, ad un certo punto, comparvero sul suo volto, eliminavano qualsiasi espressione di severità.
Nei primi anni della mia carriera professionale ho continuato a rivolgermi ai suoi consigli.
Andavo periodicamente a fargli visita per una chiacchierata di un paio d’ore. Spesso non lo preavvertivo, ma non mi ha mai chiesto di tornare in altro momento. Riprendevamo con naturalezza il colloquio, senza accorgerci che dal precedente incontro erano trascorsi, in qualche caso, anche molti mesi. E mi spiegava in pochi passaggi alcune delle sue riflessioni sui fatti di economia nazionale e internazionale del momento. Affascinante è sempre stato il suo modo di riconoscere e raccontare le interdipendenze tra circostanze economico/politiche apparentemente lontane tra di loro. Alla narrazione dei fatti economici sotto l’agire delle istituzioni ha dedicato affascinanti ricostruzioni sul quotidiano La Repubblica.
Non ho nessun titolo scientifico per commemorarne la memoria come studioso di fama, magari per discutere, secondo la sua prospettiva, della attuale e complessa situazione italiana. Ma sono anche sicuro che questo mio breve e personale ricordo non possa che far piacere a chi ha potuto apprezzarne anche la figura di educatore. Ed essere stato suo allievo mi da’ diritto, con orgoglio, a farlo in ogni circostanza. Grazie Marcello.”