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The black Mediterranean allo Z.A.C. di Palermo

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La mostra-evento ReSignifications: The Black Mediterranean ha portato per alcuni giorni allo Z.A.C. di Palermo una serie di conversazioni internazionali, compresa l’esposizione di Black Portraitures, introducendoci all’arte, alla letteratura, alle teorie culturali, alla storia e alla politica dell’Africa e della Diaspora Africana nel corso del tempo.

Eppure ancora oggi c’è qualcuno convinto che esportare la nostra cultura, la “democrazia”, è uno dei doveri e dei compiti del mondo occidentale.

Essere prevenuti e supponenti sono forse i tarli maggiori che lavorano in modo subdolo nella coscienza dell’uomo. Egli, anche in assoluta buona fede, crede in “valori suoi” che sono frutto di un proprio modello di vita. Si lega ad abitudini che impigriscono sempre più la voglia di accettazione e condivisione di possibili differenti esistenze, di variegati moduli sociali con le conseguenze del rifiuto e del conflitto.

Non si considera che porsi secondo differenti angolature visuali annulla le visioni piatte e come, di contro, le variegate prospettive arricchiscono le tridimensionalità, per non parlare poi dei “dettagli” costituiti dalle luci, dagli odori e dai suoni.

Le diversità non possono continuare a essere vissute con timore ma come occasioni di confronto e crescita.

Nessuno è depositario di verità e ciascuno ha sempre qualcosa da imparare dagli altri e non solo per caratteristiche culturali. In alcuni casi basta solo il modo di manifestarsi attraverso tradizioni che assommano sempre protratte esperienze vissute. Spesso dolorose.

L’evoluzione o l’involuzione dipendono molto dall’apertura che si ha nell’osservare, nel cogliere e saper capire gli errori per correggerli, nell’utopia perenne del cercare di creare, nell’interesse che accomuna, un mondo migliore.

Anche se si ha cognizione che ogni cosa è perfezionabile non tutti comprendono o riconoscono il fatto che l’arte in ogni sua forma espressiva costituisce la chiave di lettura universale che consente liberi scambi diretti e indiretti con l’intelletto.

E non possono costituire limite la babele di lingue e dialetti o le tradizioni, perché c’è sempre un filo che lega il tutto e che in qualche amalgama anche le differenze.

Come detto, basterebbe mettere al bando intanto un bel po’ di pregiudizi e procedere nel vivere. Non si dovrebbe mai cessare di seguire linee improntate a riconoscere a tutti doveri e diritti, che dovrebbero trovare sempre dimora, in tempi e luoghi diversi.

La fotografia ha nella sua essenza la molteplicità delle angolazioni ed è per questo un forte strumento di integrazione.

A completamento il link dello slide show della mostra https://youtu.be/NvJskkq_h9U

Buona luce a tutti!

 

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