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La tragedia di Genova

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Tempo di lettura tre minuti, salvo quello della riflessione sulla tragedia nazionale di Ferragosto.

Le immagini di Genova hanno fatto il giro del mondo.

Un evento drammatico inimmaginabile nella storia contemporanea reso ancora più doloroso dalla visione in tempo reale della morte.

Si e’ inaspettamente, anche se non inesplicabilmente, aperto sul viadotto Morandi un baratro lungo 200 metri e profondo 50, che ha inghiottito tutto quello che transitava sulla superficie.

Il peggiore degli incubi è diventato realtà in una delle più importanti città europee, snodo essenziale di traffici terrestri, marittimi e aerei, reticolo fragile, complesso, strategico per l’intera penisola. Ne subiremo per molto tempo le ripercussioni sull’intera rete nazionale dei trasporti e nei rapporti con i paesi confinanti.

Si impone qualche considerazione su come media e social hanno rilanciato le tante dichiarazioni degli uomini politici, per lo più rappresentanti dell’attuale governo.

Sarà, è vero, un governo di nuovi personaggi, ma è andato in scena il solito balletto delle responsabilità con Autostrade spa che ci ha fatto sin da subito sapere che e’ stato un evento inaspettato, cui si sono contrapposte le voci circa la revoca della concessione pubblica, come se fosse un rapporto giuridico che si smonta in un batti baleno.

Eppure è un evento che lascia attoniti e dovrebbe far riflettere sul punto di non ritorno in cui si trova oggi il nostro Paese. Oggi con Genova finisce un pezzo importante della storia delle infrastrutture del nostro paese e nasce la fase dei sospetti sullo stato di vetusta’ di tanti ponti, strade e viadotti risalenti agli anni 60 o su opere dalla durata infinita come il MOSE a Venezia.

Ed e’ anche un colpo durissimo all’immagine nel mondo delle nostre principali societa’ di opere pubbliche, che sono pure un vanto assoluto della nostra ingegneria.

Sono state fatte in passato scelte discutibili come l’assegnazione di importanti società infrastrutturali ad Atlantia della famiglia Benetton senza chiedersi quali potevano essere le sinergie tra le abilità industriali di chi fa bene i maglioni e quelle di chi deve saper gestire uno dei più importanti asset nazionali.

Senza fare paragoni sconvenienti, stante il bilancio enorme di vite umane distrutte, viene da pensare a un moderno Ponte di San Luigi Rey di Thornton Wilder, anche se il destino e la provvidenza c’entrano ben poco con i nostri deficit. Anche nell’industria bancaria ci siamo chiesti se chi con successo produceva vino poteva essere altrettanto bravo a governare una banca. E le conseguenze economiche si sono viste. Ma qui c’è la morte a fare la differenza!

Ricordiamo che anni fa in un convegno a Venezia con accademici, autorita’ ecc. ponemmo la domanda sul perche’ i capitani di industria veneti facevano la corsa per entrare nel capitale e nella gestione di banche, assicurazioni, infrastrutture. Non solo non avemmo risposta, ma non fummo piu’ invitati ad eventi del genere.

Fonte BBC

Il grafico qui riportato è ripreso da un servizio della BBC di fonte OCSE e pone in evidenza come l’Italia, che investiva annualmente tanto quanto la Francia, con una rete di strade assai più lunga della nostra, ha ridotto di tre volte le spese (da 14 miliardi a poco più di quattro) rimanendo su quel livello in tutti gli anni successivi a quelli della drastica caduta degli investimenti (2007/2009).

Le differenze createsi con altri paesi non richiedono alcun commento esplicativo.

Forse è tempo che chi ci governa ci dia delle risposte su perchè questo sia accaduto e come intenda realisticamente invertire un trend che dura da anni. Intendiamo dire con quale strategia complessiva esso abbia intenzione di porre il problema della manutenzione, insieme alla più ampia questione della logistica, cioè dell’integrazione tra trasporto su rotaie, su strada, via aeroporti e porti.

Altrimenti, come sempre e salvo i meriti assoluti e commoventi della macchina dei soccorsi, saranno solo parole, parole e ancora parole. E anche noi cittadini dovremmo rifiutare slogan ed annunci amplificati dai social e imparare a porre domande e pretendere risposte. Questo è il nostro compito in democrazia.

Altrimenti saremo soltanto destinati a commemorare gli esiti di morti annunciate!

Nel giorno del dolore e del lutto vorremmo ricordare Genova con le immagini straordinarie e struggenti di Genova per noi di Paolo Conte.
Con quella faccia un po’così
Quell’espressione un po’così
Che abbiamo noi prima d’andare a Genova.
E ogni volta ci chiediamo Se quel posto dove andiamo Non c’inghiotte, e non torniamo più.
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