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Spiando la solitudine

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Per un racconto si ricorre di solito a una voce narrante, ma per far sì che ognuno lo ricordi e ci torni a riflettere nel tempo e nel contesto della propria dimensione, si ricorre alla scrittura. Per non parlare del cinema e del teatro. In verità esistono altre tecniche tra cui la filmografia. La più recente evoluzione della fotografia consente infatti di comporre facilmente messaggi completi, ricorrendo ad esempio agli slide show e ai portfolio.

Entrambe composte da una serie di immagini, talvolta associate ad una colonna sonora, nel primo caso gestiti mediante software dedicati, nel secondo con la stampa di un numero più limitato di foto, queste modalità sviluppano sequenze che presuppongono l’introduzione al tema, lo svolgimento del racconto e un finale. L’attenzione dell’osservatore viene inseguita, magari inserendo immagini più accattivanti nell’introduzione, per invogliare a proseguire, e nel finale per fissare al meglio il contenuto del messaggio.

Di certo la tecnica filmografica rappresenta un’evoluzione della fotografia di crescente efficacia. Direttori di fotografia e altri esperti possono giocare su luci, tempi e colonne sonore, per trasportare l’osservatore nell’orbita del racconto.

Ma potremo mai mettere in discussione la narrazione che si riesce a dare con una singola fotografia?
Quanti di noi continuano a perdersi e a fantasticare dinanzi a una foto di Henry Cartier Bresson o altri importanti fotografi-narratori? E’ certo molto più complicato comunicare messaggi attraverso la sintesi di un solo fotogramma, ma quando ci si riesce il risultato è della massima gratificazione.
A scopo esemplificativo, senza la minima intenzione di peccare di immodestia, voglio in qualche modo cercare di illustrare ciò che dico con l’immagine che ho scelto per questa settimana. Altri tentativi sono sul mio blog l’angolino del fotoamatore.

Il punto di osservazione che si ha di solito di fronte a una finestra che incornicia un panorama o un’altra veduta che apre alla luce risulta ribaltato, essendo lo sguardo rivolto all’interno di un luogo chiuso, ristretto, ma non meno ricco di elementi narrativi.

Nella storia che mi è capitato per caso di fotografare, mi si è presentata una visione che mi ha suscitato un profondo senso di solitudine, con un’anziana signora, di spalle rispetto alla finestra, seduta davanti a un tavolo, che forse in passato ha accolto la sua famiglia o altri commensali, con l’unica compagnia virtuale rimastale, quella figura stereotipa che appare sullo schermo della tv. Il mobilio e le imposte si mostrano come le quinte di scenografia teatrale che può evocare disagi pirandelliani.
Non è un racconto anche questo nel quale le nostre contraddizioni di esseri in solitudine ci appaiono nella crudezza visiva di un solo fotogramma?

Buona luce a tutti.

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