La questione dei migranti è la più delicata tra quelle che interessano il nostro Paese e l’Europa. Tutti intervengono con argomentazioni che spesso sono di natura ideologica e di parte.
Difficile farsi un’idea oggettiva perché i migranti sono un tema rovente che sposta voti, che ha indotto gli inglesi alla Brexit, che ci addolora per i migliaia di morti, che ci ricorda con imbarazzo che anche noi siamo stati un paese di migranti.
La Chiesa cattolica può aiutare a comprendere la questione, perché è presente in gran parte del mondo e ha una visione complessiva di quel che sta accadendo, oltre ad essere attiva nei servizi di assistenza e di accoglienza. La Chiesa e’ globalizzata da molto tempo prima di tutte le altre istituzioni e la documentazione che abbiamo esaminato rifugge dai due estremi ideologici che sono poco utili dal punto di vista pratico: il buonismo e il cattivismo.
Nello studio di cui proponiamo la copertina si sfatano sulla base di dati statistici 10 luoghi comuni con cui siamo soliti guardare alla questione. Vedremo forse che il problema è più circoscritto di quel che si pensa ed è concentrato nella massa di arrivi spesso fuori controllo. Ma è nel contempo ancora più esteso di quanto riusciamo a percepire perche’ si tratta di femomeni planetari che tendono a ripetersi nella storia dell’uomo.
Lasciamo per ultimo il punto più dolente i salvataggi in mare e partiamo in questo nostro tour dal numero dei rifugiati nel nostro paese che è molto basso pari al 2 per mille della popolazione:a meta’ 2016 sono 131.000 circa.Nel mondo i rifugiati sono 17 milioni, di cui 2,8 in Europa: qui la concentrazione piu’ alta si riscontra in Svezia e Germania. La Turchia con 2,8 milioni ne accoglie da sola più dell’intera Europa. Per il nostro paese sono quindi numeri del tutto gestibili in termini assoluti e in comparazione ad altri paesi.
Nel mondo del lavoro nel 2016 i lavoratori stranieri in Italia erano 2,4 milioni, in forte aumento rispetto agli anni passati, sostanzialmente confinati nei lavori meno qualificati (badanti e agricoltura) e pagano 7,2 miliardi di euro di IRPEF. Aiutare i migranti nei loro paesi è difficile anche perché un fenomeno importante incentiva le partenze: le rimesse in denaro di coloro, già emigrati, che inviano in patria alle loro famiglie per cibo, medicinali ed istruzioni dei figli sono state pari, a livello mondiale, a ben 616 miliardi di dollari nel solo 2016. Questo ingente flusso economico alimenta nuova migrazione che è difficile non vedere nella sua portata planetaria. L’Italia ha una buona fetta nel mercato delle rimesse con circa 5/6 miliardi di euro negli ultimi anni. Impiegare bene nei paesi di migrazione questo enorme flusso di risorse costituisce il primo passo per uno sviluppo economico in loco. Ma sembra al momento agire al contrario: più rimesse, più migrazioni.
Non sono tutti terroristi i migranti e il reale impatto di organizzazioni terroristiche di matrice islamica non è tanto nei numeri ma nella letalità degli attacchi compiuti. Questo contesto socio economico dovrebbe giustificare la revisione della concessione della cittadinanza italiana passando dallo ius sanguinis allo ius soli temperato (diritto legato al territorio) e allo ius culturae (diritto legato all’istruzione): vi erano dei progetti ma sono decaduti per la fine della scorsa legislatura.
La macchina per accogliere i profughi non ha solo i 35 euro al giorno concessi dallo Stato ai centri di accoglienza per ciascun migrante, somma spesso oggetto di dileggio e di polemica.Sono da considerare tutti i costi che vanno dai salvataggi in mare all’istruzione e che portano il conto a circa 3,7 miliardi di euro nel 2016 pari allo 0,22 per cento del PIL, a fronte di 23 miliardi di spese militari che l’Italia sostiene ogni anno. La prostituzione soprattutto delle nigeriane, fenomeno dilagante, è indotto dai tre milioni di italiani che le frequentano, in base alle squallide stime che hanno fatto gli estensori della ricerca (300.000 ragazze e donne nigeriane che vendono il loro corpo per almeno dieci volte al giorno)!
Non è nel complesso una situazione drammatica ma seria che andrebbe meglio gestita, evitando che venga percepita con insofferenza dalla popolazione, che pure ha le sue buone ragioni a lamentarsi delle inefficienze e dei rischi della mancata inclusione e a dare credito a chi promette misure draconiane, sapendo che difficilmente potrà sostenerle.
Ritorniamo allora al primo punto degli sbarchi sul nostro territorio: il confine naturale del nostro paese e dell’Europa. I romani avevano un criterio molto chiaro: terrae potestas finitur ubi finitur armorum vis. La sovranità territoriale finisce dove finisce il potere delle armi. Non è più così da molti secoli e nel tratto di mare a partire dal Sud della Sicilia vige l’area della SAR acronimo inglese per SEARCH AND RESCUE (ricerca e salvataggio) che per l’Italia coincide con un quinto dell’intero Mediterraneo ovvero 500mila km quadrati, quasi due volte la nostra superficie terrestre.
Le SAR ovviamente esistono in tutto il mondo e hanno una finalità operativa: in caso di pericolo anche in montagna è necessario sapere chi deve intervenire.
La SAR italiana si sovrappone con quella maltese e libica e questo genera confusione e incertezza. Per il codice della navigazione chiunque sia in grado di intervenire nell’area ha l’obbligo di farlo sotto il coordinamento italiano perché , in caso contrario, si configura l’omissione di soccorso con eventuali aggravanti, drammatiche in caso di morti e naufragi. Poi chi interviene deve trasportare i naufraghi nel porto piu’ sicuro, che sara’ in molti casi un porto italiano. Quindi il principale problema è l’ingresso dei migranti difficile da controllare nel nostro paese che ha oltre 8.000 mila km di coste e la SAR più estesa di tutto il Mediterraneo come si vede chiaramente da questa mappa operativa fornita dalla Guardia Costiera Italiana.
L’impressione è che questo contesto in cui si intreccia diritto della navigazione, diritto internazionale e diritto interno sia difficilissimo da modificare e soprattutto da parte di un solo paese, il nostro! Si possono trovare all’interno di questo quadro giuridico degli accordi bilaterali con i paesi di provenienza o con i paesi europei per ri allocare gli arrivi (le cd.quote), ma i tempi e i risultati non saranno ne’ brevi ne’ immediati. La storia dell’umanità ha i suoi tempi e le sue direzioni e la politica molte volte enuncia principi condivisibili in astratto, ma scarsamente realizzabili. Alla fine l’idea che trapela da questa massa di dati e da questo breve viaggio nei tanti luoghi comuni dei migranti è che fenomeni del genere di portata epocale sono da gestire non solo con buon senso e saggezza, ma anche con una visione strategica condivisa tra i paesi coinvolti, piuttosto che urlare alla luna o con politiche fai da te. In caso contrario, rischiamo di trasformare il Sud dell ‘Italia in un intero campo profughi.
Il mare piu’ bello per quel che ho viaggiato e’ stato quel di Lampedusa, incrocio di tutte le culture e dei popoli della civilta’ mediterranea: il mare che accoglie. E sono rimasto sorpreso quando un autorevole esponente del governo del cambiamento in visita nell’isola ha promesso a un pescatore del posto che sarebbe tornato sul molo a pescare con lui. Lui lo ha guardato e non ha capito. Non pensava piu’ di pescare in quelle acque che erano ormai il cimitero dei morti senza nome di Lampedusa! Le soluzioni sono ancora lontane e la demagogia non le aiuta. Più informazioni forse si.