L’incipit del capolavoro di Marcel Proust Alla ricerca del tempo perduto racconta che l’autore per lungo tempo è andato a letto presto la sera.
Questa condizione dovrebbe essere evocata anche per il risparmiatore italiano sentendosi rassicurato tanto da dormire sonni tranquilli. Non è stato sempre così come dimostra questa breve (e lunga) storia delle crisi bancarie in Italia tra il 1982 e il 2017, che si presta a richiamare l’attenzione sulla necessità di scegliere con attenzione sia la banca sia i prodotti che essa offre. La migliore tutela per il consumatore è la prevenzione soprattutto se si tiene a mente che la ricchezza finanziaria lorda delle famiglie italiane, pari a 4,4 trilioni di euro a fine 2017, non può non far gola a molti.
L’educazione finanziaria, per agire come fattore di prevenzione, dovrebbe, tra i suoi obiettivi, tenere viva la memoria del cittadino degli eventi che hanno avuto ripercussioni, dirette e indirette, sulle sue condizioni di contribuente e di risparmiatore, e più in generale sulle condizioni economiche del paese, perché non si dimentichi le lezioni negative apprese nelle diverse circostanze.
Siamo invece certi che pochi abbiano la percezione di quante e quanto profonde siano state le crisi bancarie e finanziarie importanti avvenute negli ultimi trentacinque anni in Italia, vale a dire nell’arco temporale di una generazione, attirati magari dalle vicende drammatiche a noi più prossime.
Ripercorrendo brevemente tutto il periodo, vedremo ricorrenze di cause, interventi “a buoi scappati”, poche azioni per sventarne di nuove.
Alla fine del racconto, il lettore potrà fare le proprie valutazioni sulla robustezza del sistema in rapporto alla ricchezza finanziaria da esso gestita.
1982 Banco Ambrosiano, crisi da intreccio tra poteri più o meno forti e più o meno occulti (la famigerata P2) e imbarazzanti vicinanze con la finanza vaticana. Soltanto un mese prima dell’esplosione finale, le autorità avevano autorizzato la quotazione in borsa delle azioni del Banco. Memorabile per senso dello Stato l’intervento del cattolico Andreatta (allora Ministro del Tesoro) a difesa delle ragioni italiane nei confronti del Vaticano. Il costo del fallimento fu di alcune migliaia di miliardi di lire, risolto grazie alla sparizione del Banco dentro la ricca Banca Cattolica del Veneto, divenuta Banco Ambrosiano Veneto.
1987 Cassa di Risparmio di Prato, banca locale con finanziamenti concentrati nel tessile, fu gestita a lungo da banchieri legati alla politica. Finanziò speculazioni e accrebbe i propri rischi in misura sproporzionata. Fu il primo intervento del Fondo di Tutela dei Depositi, appena costituto ai sensi di legge e ne assorbì in un sol colpo le disponibilità raccolte presso il sistema.
1989 Scandalo della Filiale di Atlanta della Banca Nazionale del lavoro per fidi concessi al regime iracheno di Saddam Hussein, impegnato nella guerra contro l’Iran, con perdite di alcuni miliardi di dollari e impatti sulla reputazione internazionale della Banca, che fino agli anni Settanta compariva tra le prime dieci banche del mondo.
1992 Montedison, crisi finanziaria del maggiore gruppo chimico privato, con perdite stimate in 30.000 miliardi di lire, dovute a imprese speculative del suo massimo esponente. Si rifletté sugli equilibri della Banca Commerciale Italiana, al cui conto economico i ricavi provenienti da quella relazione di affari contribuivano per il 15% del totale.
Era sempre il 1992 quando la Cassa di Risparmio di Venezia, la più antica d’Italia fondata nel 1822, andava in default per una serie di previsioni errate sui cambi, a seguito della svalutazione decretata dal Governo Amato, data l’impossibilità di sostenere il rapporto sopravvalutato della lira con il marco tedesco. La crisi bancaria era stata infatti preceduta dall’abnorme sviluppo dei crediti in valuta, senza pretendere la copertura del rischio di cambio da parte prenditori, gran parte dei quali con la svalutazione della lira divennero insolventi. La dimensione delle perdite, da un lato, chiamò a raccolta le consorelle venete, dall’altro, fece da detonatore alla crisi di altre casse di risparmio e degli istituti di credito speciale della regione. Quel che rimase confluì gradualmente nel gruppo Intesa alla fine di un complicato processo di assorbimento protrattosi fino al 2014.
A poca distanza di tempo, seguirà l’ondata più virulenta, che spazzerà quasi per intero il sistema delle banche venete, alcune eredi di istituzioni risalenti all’epoca napoleonica, altre alle prime istituzioni bancarie del cattolicesimo sociale di fine Ottocento. A ricordarne gli antichi fasti rimangono i palazzi sul Canal Grande, oggi adibiti ad alberghi di lusso, le ville palladiane e i parchi adagiati sui colli trevigiani, prestigiose sedi ora semivuote e i jet personali usati dal top management per inseguire improbabili sogni di espansione anche internazionali (vedi infra).
1995 e seguenti Casse di Risparmio meridionali (operanti in Puglia, Campania, Calabria, Sicilia). Furono crisi generate da relazioni clientelari, concentrazione del credito, rapporti con la politica. Sono state aggregate in banche più solide, come Cariplo, poi confluita in Banca Intesa.
1995 Banco di Napoli, originata dopo la fine degli interventi pubblici all’economia meridionale tramite la Cassa del Mezzogiorno, costò 12.000 miliardi di lire, con intervento pubblico a mezzo del cosiddetto Decreto Sindona. Tra le crisi del periodo vanno ricordate anche quelle della Cassa di Risparmio delle Province siciliane, dell’Isveimer, del Credito industriale sardo, della Banca popolare di Sassari, del Banco di Sicilia.
Si determinò la scomparsa del sistema bancario meridionale.
1998 Bipop di Brescia, uno dei tanti casi ricollegabile al fenomeno dell’uomo solo al comando. Gli esempi si sono replicati in un crescendo che arriva fino agli ultimi inquietanti episodi di mala gestio nelle banche di molte regioni d’Italia. Fu inglobata in Cassa di Risparmio di Reggio Emilia, del gruppo Banco di Roma, poi Capitalia.
2002 Collocamento di prodotti bancari tossici denominati My way e Four you da parte del Monte dei Paschi di Siena e sue controllate. Lo scandalo costrinse alle dimissioni il vertice della banca e al rimborso di molti risparmiatori traditi. Ma molti furono anche danneggiati, per essere stati indotti ad indebitarsi per acquistare quei prodotti. Le gesta della Banca 121, partecipata pugliese del Monte, sono ancora citate dagli addetti ai lavori come esempio di truffa finanziaria.
2003 Cirio, Parmalat e titoli di stato argentini. Le banche lucrarono commissioni collocando questi titoli ad altissimo rischio, senza avvertimenti particolari nei confronti di sottoscrittori molti dei quali del tutto impreparati a valutare la pericolosità di tali strumenti. Alcuni di questi titoli figurarono, anzi, fino all’ultimo tra quelli privi di rischio elencati dall’ABI. Dimensioni crisi finanziaria di Parmalat: 14 miliardi di euro. Decine di migliaia i risparmiatori colpiti dai Bond Cirio e da quelli emessi dalla Repubblica Argentina.
2006 Banca Italease era la più grande banca italiana specializzata nel leasing immobiliare. Fu anche essa vittima della concentrazione di potere nelle mani di un solo uomo e di affari con i “furbetti del quartierino”, già noti per altre scorribande bancarie (Popolare di Lodi e Bnl). La Banca è stato un boccone amaro da digerire da parte del Banco Popolare, che l’ha definitivamente incorporata nel 2015.
2005/6 Banca popolare italiana (già Popolare di Lodi assorbita alla fine dal Banco popolare) affidata alle virtù taumaturgiche del banchiere Fiorani. Puntando ad una crescita oltre ogni limite di prudenza, egli si accreditò nella difesa della italianità di banche diventate appetibili da parte di banchieri francesi, olandesi e spagnoli. La difesa, organizzata picarescamente, fallì, portando alle dimissioni il Governatore della Banca d’Italia, che aveva ingenuamente creduto in lui. In quella fase, passò ai francesi di Bnp Paribas la proprietà di BNL, come già detto una delle più importanti istituzioni della storia bancaria italiana del Novecento. (continua)