Il conto di pagamento è strumento ancora poco diffuso, anche se offre indubbi vantaggi, anche di prezzo, ai consumatori e può cambiare i rapporti tra banche e clientela, superando il conto corrente – La nuova Direttiva europea sui servizi dei pagamenti apre nuovi orizzonti – Ecco i requisiti del conto di pagamento. E come incentivarne la diffusione.
Le indagini sui costi dei servizi bancari si replicano con frequenza ad opera della Banca d’Italia, delle Associazioni dei Consumatori e della stampa, mettendo in evidenza un rapporto tra qualità e prezzo spesso insufficiente a rispondere alle esigenze del consumatore.
L’ ultima inchiesta pubblicata (Corriere Economia, febbraio 2018) fa emergere che nel 2018: a) un conto corrente tradizionale avrà un costo medio annuo di 134 euro (in crescita dell’1,5 per cento rispetto all’anno precedente); b) un conto corrente on line costerà 106 euro l’anno, con un aumento del 3,8 per cento rispetto al 2017.
Dati del genere sono frutto di medie con un campo di variazione molto ampio, che va da un minimo di 75/80 euro fino a 180/190 euro a seconda delle banche emittenti. Il consumatore ha indubbie difficoltà di scelta.
Invece che alimentare polemiche, proviamo a capire se non vi siano alternative più efficienti, in ragione di una maggiore specializzazione, facilità operativa e prezzo dello strumento più adatto.
Il prodotto a più marcata promiscuità è il conto corrente bancario, che consente la detenzione remunerata di ricchezza finanziaria in forma liquida, l’erogazione di credito mediante scoperti o anticipazioni, di importi e di valuta, la prestazione di servizi di varia natura (gestione dossier titoli, cassette di sicurezza, incassi e pagamenti).
Queste caratteristiche sono di ostacolo alla trasparenza della sua tariffazione, data la molteplicità delle commissioni che vi si applicano. Inoltre le banche intervengono talvolta con ricarichi che non hanno attinenza con i costi dei servizi resi, come ad esempio avvenuto nel 2016 e 2017 in conseguenza di extra tariffazioni per qualche decina di euro per ogni rapporto, volte a recuperare parte degli oneri sostenuti dalle banche intervenute per il salvataggio delle consorelle in crisi.
Al contrario, dal punto di vista dei costi delle transazioni, la spinta tecnologica, tramite la diffusione del banking on line non può che essere un fattore che guida alla loro costante riduzione.
Il conto di pagamento, riconosciuto dalla normativa europea come contratto detenuto presso un’istituzione autorizzata, come sono banche, istituti di pagamento e di moneta elettronica, per l’esecuzione di operazioni di incasso e pagamento, è uno strumento specializzato che consente di superare le suddette incoerenze, mediante un più chiaro calcolo delle convenienze dei relativi servizi.
Esso è praticamente sconosciuto al mercato italiano.
Eppure il valore attribuito al recepimento degli indirizzi comunitari nel nostro ordinamento è testimoniato dai 10 articoli dedicati dal Testo Unico Bancario (dal 126 decies al 126 noviesdecies) al conto di pagamento, con la finalità di incentivare strumenti di pagamento diversi dal contante, ancora troppo diffuso.
Nel mercato europeo delle transazioni mediante strumenti Sepa come carte di credito e di debito, bonifici, addebiti diretti, il nostro Paese, che contribuisce al Pil Europeo per il 12 per cento, pesa per non più del quattro per cento, dati che segnano platealmente la misura del nostro ritardo.
Noi crediamo che uno degli approcci concreti alla educazione finanziaria del cittadino, di cui tanto si parla, dovrebbe proprio originare da una maggiore conoscenza delle caratteristiche di questo strumento, cui associare le operazioni ricorrenti di pagamento.
Proviamo a riassumerle:
Si è recente aggiunta la Direttiva europea, che prescrive a tutti i paesi dell’Unione l’obbligo di offerta, da parte di istituzioni autorizzate, del conto di pagamento di base, per la diffusione tra gli utenti di minore forza contrattuale.
L’obiettivo è di intermediare (o reintermediare) quella parte di popolazione che è stata progressivamente esclusa dai servizi bancarifondamentali, complici la crisi economica e le più selettive politiche delle banche.
I consumatori che non dispongono di (o non possono avere accesso a)un conto corrente debbono avere la facoltà di aprire un conto di pagamento di base, indipendentemente dalla loro condizione finanziaria e dal luogo di residenza nell’Unione.
La Commissione raccomanda che, in ciascuno Stato membro, almeno un prestatore di servizi di pagamento offra tale servizio, eseguendo tutte le operazioni necessarie per l’apertura, la gestione e la chiusura, consentendone l’intera operatività, ad esclusione degli scoperti, e a costi ridotti.
Questa impostazione apre a politiche di massa da parte di banche, istituti di pagamento e di moneta elettronica, considerato l’elevato numero di persone a basso reddito.
Occorre tuttavia superare alcuni fattori di resistenza dal lato dell’offerta che ruotano intorno alla importanza che ancora riveste la tariffazione del conto corrente nel contribuire ai ricavi delle banche.
Bisogna leggere con favore anche lo sviluppo di nuove piattaforme di pagamento collegate a servizi di massa come le utilities, la grande distribuzione, le reti di trasporto ferroviario e autostradale, la telefonia e i servizi di welfare privato come le assicurazioni e la sanità.
Alcuni grandi operatori di questi settori si vanno orientando verso la creazione di proprie società di prestazione di servizi di pagamento, come sono gli Istituti di pagamento e di moneta elettronica, che faranno presumibilmente perno sul collocamento di conti di pagamento. Poste Italiane ha di recente ricevuto l’autorizzazione per costituire un proprio Imel.
Una maggiore concorrenza interna nei confronti del sistema bancario potrà dunque dare una più marcata spinta alla diffusione di pagamenti diversi dal contante, consentendo anche di reagire alle politiche delle grandi piattaforme di commercio elettronico internazionale e dei social network, che, al fine di integrare nelle proprie attività principali l’intero ciclo dei pagamenti, hanno iniziato a costituire proprie banche.
Vi è infatti da tenere presente che l’adesione alle procedure di compensazione e regolamento gestite dalla Banca Centrale Europea e dalle Banche Centrali nazionali è tuttora riservata alle banche, dato che IP e IMEL possono accedere al regolamento delle transazioni soltanto per il loro tramite.
È da augurarsi che questa limitazione venga rimossa, per un sostanziale livellamento del campo di gioco tra banche e non banche e che la partenza della piattaforma TIPS (Target Instant Payment System) possa evolvere presto verso l’ampliamento della tipologia degli aderenti.
Una sostanziale spinta al mutamento delle nostre abitudini, che ci vedono ancorati ad un uso smodato di contante, potrà farci risalire dagli ultimi posti della classifica europea in termini di strumenti di pagamento elettronici.